Martedì 4 dicembre 2012 alle 18.00, Teatro comunale di Gradisca d’Isonzo, avrà luogo l'incontro “Carso 2014+”, il progetto di riscoperta e valorizzazione del Carso, in vista del centenario della Grande Guerra.
Tutti sono invitati a partecipare.
LA GRANDE GUERRA
Dal 1914 al 1918, il primo conflitto mondiale del Novecento scaraventa in trincea oltre 65 milioni di militari. Di questi, poco meno di 10 milioni muoiono in battaglia o in prigionia per ferite e malattie, mentre è altissimo il numero di chi rimane ammalato, mutilato o invalido. Tra i civili si verificano non meno di 30 milioni di decessi per cause di guerra (solo in Russia, dove nel 1914 avviene il genocidio del popolo armeno, si registrano 13 milioni di morti), stenti e malattie, tra cui la terribile influenza “Spagnola”, che in Europa uccide sei milioni di persone (soprattutto vecchi, donne e bambini). Alla fine della guerra crollano gli imperi e sorgono le nazioni, mentre la società mondiale entra definitivamente nell’era contemporanea, segnata dall’avvento delle tecnologie, della produzione industriale, dei movimenti di massa, delle dittature e delle ideologie.
Le cause
Il 28 giugno 1914 a Sarajevo il principe ereditario asburgico arciduca Francesco Ferdinando e la moglie vengono uccisi in un attentato. Ritenendo responsabile la Serbia, l’Austria-Ungheria dichiara guerra e invade il Regno balcanico, dando inizio a un conflitto che in breve tempo divampa in tutto il mondo. Ben presto l’Europa si divide in due schieramenti contrapposti, che con la guerra intendono conquistare il predominio economico-finanziario e l’affermazione della propria supremazia politica. Alla lotta tra il capitalismo franco-britannico e quello tedesco per la divisione delle aree di influenza economica e la conquista dei mercati mondiali, prima e fondamentale causa della guerra, si affiancano le situazioni critiche e i motivi di contrasto presenti all’interno di ciascun Stato (contrasti etnici, politici e sociali, questioni nazionali e di confine, ambizioni coloniali).
Va inoltre considerato che, già all’inizio del secolo, gli apparati bellici, la potenza e lo sviluppo degli armamenti, l’influenza dei militari sui politici sono fattori che propagano nella società un clima di accentuato militarismo, inducendo alla fine i governi a ricercare nella guerra la possibile risoluzione dei loro problemi.
Il mondo in trincea
La Grande Guerra è un conflitto “totale” in cui nazioni e popoli combattono in trincea così come nelle fabbriche della produzione bellica. Donne e giovani sostituiscono in fabbrica e nei servizi milioni di uomini partiti per il fronte e, nello stesso tempo, la propaganda di guerra non risparmia mezzi ed energie per convincere eserciti e popolazioni della necessità di sostenere, con il patriottismo, il lavoro e il finanziamento, i sempre più pesanti costi della guerra.
Soprattutto in Europa, la trincea riassume e simboleggia l’esperienza di guerra di milioni di soldati e l’immaginario bellico delle popolazioni del cosiddetto fronte interno. Dal 1914 al 1918 sul fronte occidentale, dal Mar del Nord al confine con la neutrale Svizzera, corrono due continue trincee contrapposte (in realtà due complessi sistemi trincerati articolati in profondità sul terreno) in cui si misurano gli eserciti tedesco, francese, inglese e americano (dal 1917). Si combatte in trincea anche sul fronte balcanico e sul vastissimo fronte orientale, percorso dalle armate austro-ungariche e russe. Dalla fine di maggio 1915 si apre il fronte italo-austriaco (dall’Ortles al mar Adriatico e dal novembre 1917 sul Monte Grappa e lungo il Piave) e ovunque la trincea diventa il simbolo principale del conflitto mondiale.
Su tutti i fronti del conflitto si combatte una guerra di logoramento, in cui vince chi ha più risorse e chi più resiste. Solo sul finire del 1918 gli Alleati, con il determinante contributo dell’America, entrata in campo nel 1917 con tutto il peso della sua macchina produttiva, riescono ad aver ragione degli Imperi Centrali, a cui dall’inizio della guerra impongono un severo blocco navale destinato a impedire i rifornimenti all’Austria-Ungheria e alla Germania, che cedono non alle armi (la guerra termina con l’esercito tedesco in Francia e quello austriaco in Italia) ma alla severissima condizione esistenziale di popolazioni prostrate dai sacrifici e dalle sofferenze, che rifiutano la guerra e sfiduciano i governi che l’avevano voluta, con la rivoluzione in Germania e le sollevazioni nazionali in Austria-Ungheria.
L'Italia in guerra
Il primo conflitto mondiale è iniziato da quasi un anno quando il 23 maggio 1915 il Regno d’Italia, legato da un patto segreto con gli Alleati (siglato a Londra un mese prima con l’approvazione del re Vittorio Emanuele III e il capo del Governo Antonio Salandra, all’insaputa del Parlamento), interrompe il periodo di neutralità e dichiara guerra all’Austria-Ungheria, rompendo formalmente il patto militare (reciprocamente valido solo in caso di aggressione esterna) con l’Austria e la Germania che durava dal 1882.
Nelle prime ore del 24 maggio 1915 reparti italiani varcano quasi ovunque il confine con l’ex alleato. All’inizio, la mobilitazione italiana avviene con lentezza, a causa della difficoltà di muovere contemporaneamente più di mezzo milione di uomini con armi e servizi. Dal canto loro gli austro-ungarici, con la quasi totalità dell’esercito mobilitato sul fronte orientale, lungo il confine con l’Italia riescono a schierare soltanto pochi battaglioni di soldati della riserva territoriale.
All’inizio estate del 1915 il generale Luigi Cadorna, comandante supremo dell’esercito italiano, sferra l’attacco principale sul Carso e lungo l’Isonzo in direzione di Trieste e Lubiana, in previsione di uno sfondamento decisivo verso l’interno dello schieramento avversario. Le armate austro-ungariche comandate dal feldmaresciallo Franz Conrad von Hötzendorf, schierate su un terreno maggiormente atto alla difesa, reggono pressoché ovunque gli assalti italiani, che vengono in genere respinti con gravi perdite. Tramonta il sogno della “guerra breve” e anche sul fronte italo-austriaco il conflitto acquista le caratteristiche della guerra di trincea.
“Itinerari di Pace sul Carso della Grande Guerra”
Si chiamano “Itinerari di Pace sul Carso della Grande Guerra”, nella mente di chi li ha ideati, li promuove e lavora per renderli sempre più accessibili al pubblico qualcosa di più di una pura e semplice proposta in campo turistico. Molto di più di un “pacchetto” da offrire alla gente di tutt’Europa, magari per diversificare, integrare, migliorare la propria presenza nelle località di villeggiatura del Friuli Venezia Giulia. Quello che fa da filo conduttore al progetto, ovvero lo slogan che racchiude quella che è la particolare offerta turistica del “Progetto Sentieri di Pace” gestito dalla Pro Loco di Fogliano Redipuglia in collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Gorizia e diversi comuni ed associazioni locali fino a superare la destra Tagliamento. E’ un itinerario fatto di memoria storica ma anche di sviluppo per una ritrovata, ricercata, voluta ed auspicata collaborazione e fratellanza tra i popoli. La nuova Europa, quella allargatasi ad alcune nazioni dell’Est, Slovenia in particolare, ma non solo e quella che si profila all’orizzonte, ha bisogno di ritrovarsi unita e coesa anche su quel terreno che, negli anni difficili della Prima Guerra mondiale, era terreno aspro di divisioni, di lotte, di sanguinose battaglie. Un’offerta, questa, cosiddetta “di nicchia”, creata su misura per quanti nutrono grande interesse per ciò che la storia ci ha lasciato: le sue testimonianze, le sue presenze, i suoi moniti, ciò che ci ha raccontato e ciò che ancor oggi ci racconta. Un’offerta turistica che, in questo particolare caso, trova fondamento nelle tristi vicende della “Grande Guerra”, un periodo della storia del nostro mondo che, però, non può e non deve essere abbandonata, dimenticata. Anzi. La convinzione, base del progetto ormai decollato da alcuni anni con grande successo, è che essa possa essere il veicolo non solo per attirare turisti ed appassionati, ma anche per creare i presupposti di nuovi vincoli di amicizia e di collaborazione tra i popoli. E utili benefici, importanti ricadute, possono arrivare su tutto il sistema del turismo regionale. Proprio i “Sentieri”, ovvero le trincee, i monumenti, i siti della guerra 1915-1918, ed assieme a loro le peculiarità naturalistiche del Carso isontino, nell’ultimo anno hanno permesso di aumentare di un’ora e mezza la presenza quotidiana del turista sul territorio, promovendo poi un certo interesse anche nei confronti della sosta per il pranzo nei tanti locali e per il pernotattamento. Già dal 2000 il Progetto Sentieri di Pace si occupa del recupero, del ripristino e della rivalutazione e promozione dei siti carsici che furono teatro degli aspri e cruenti combattimenti del conflitto che si sviluppò tra il 1915 ed il 1918. Proprio questo lavoro, che si basa sul sacrificio e la volontà di numerosi volontari ed esperti, offre oggi la concreta possibilità di visitare, scoprire, ammirare e rivalutare gli ormai famosi “Campi di battaglia”, quei luoghi mitici ed epocali in cui soldati degli eserciti italiano ed austroungarico cercarono di lottare per la sopravvivenza durante i difficili anni della Prima Guerra Mondiale. Da quasi cinque anni l’Ufficio di Informazione ed Assistenza Turistica che si trova in via Terza Armata a Fogliano Redipuglia, proprio di fronte alla stazione ferroviaria, sulla linea Trieste-Udine, funge ottimamente ed in maniera professionale da centro visite, organizzando i gruppi di visitatori ed offrendo loro un adeguato supporto anche sotto il profilo logistico, mentre non mancano le opportunità per un approfondimento didattico ed editoriale. In quello che è un vero e proprio museo all’aperto, che si estende poi verso i territori della vicina Slovenia, creando quel collegamento culturale transfrontaliero da sempre auspicato ed oggi più che mai alla portata di mano, sono state rese accessibili trincee, tunnel e camminamenti che furono luogo di vita di numerosi soldati e si è creato un interessante circuito nel quale il turista, lo storico, l’appassionato ma anche il semplice curioso ha la concreta possibilità di “toccare con mano” ciò che ha appreso leggendo romanzi o libri di storia. Un visita a questi siti, a queste testimonianze può essere dunque un’ottima occasione per verificare le proprie conoscenze storiche. Come nel caso dell’ormai famosa e molto visitata “Dolina dei Bersaglieri” che si trova nei pressi del monte Sei Busi, un’altura di poco più d 100 metri, 118 per l’esattezza, che fa parte del ciglione carsico fra Redipuglia e Ronchi dei Legionari. L’importante lavoro condotto con passione e tenacia da un centinaio di volontari, ha permesso di far emergere dal passato quella che è conosciuta anche come la “Dolina dei Cinquecento”, facilmente raggiungibile dalla strada sterrata che dalla sommità del Sacrario porta a Doberdò del Lago. La sua origine si ritrova già nella prima metà del giugno 1915, quando essa faceva parte della linea trincerata austroungarica. Solo un mese dopo passò sotto il controllo italiano che la trasformò in punto di sostegno avanzato. Ma fu anche punto di medicazione e cimitero, presenza, questa, testimoniata dal ritrovamento di una grande effige del Cristo che venne incastonata in una croce.
Gli itinerari proposti che si snodano sull’altopiano carsico da Trieste, Monfalcone a Gorizia, proseguendo oltre il l’attuale confine fino a Caporetto e raggiungendo le ben fortificate seconde linee che si trovano nel comune di Ruda costituiscono, va detto, un unico percorso storico, eccezionalmente ricco di segni e residui della Grande Guerra e della sua vastissima memoria.
Si parte, ad esempio, da Redipuglia per arrivate al Monte San Michele, dalla Corsara, all’incrocio della strada Doberdò-Sagrado con quella sterrata Marcottini-Polazzo che porta al parco rurale “Alture di Palazzo”, sino alla trincea delle Frasche o soffermandosi al Monte San Michele.
Itinerari intrisi di storia e di racconti che possono essere approfonditi con una visita ai musei ed alle fortificazioni che si ritrovano dappertutto.