Ho letto come un dono l’invito a visitare la Romania, e in particolare a vivere alcuni giorni preziosi accanto al cardinale di Cracovia Stanisław Dziwisz, già segretario del Beato Giovanni Paolo II.
Il pellegrinaggio, perché tale si è rivelato, giorno dopo giorno, è iniziato nella capitale, Bucarest, dove il cardinale ha ricevuto la laurea honoris causa presso l’Università.
Ha stupito noi cattolici l’enfasi con la quale il Presidente, di religione ortodossa, ha esaltato con la sua laudatio la figura di Giovanni Paolo II e del festeggiato, che nella lectio magistralis ha ripercorso le grandi prospettive del pontificato di Karol Wojtyla.
Particolare e solenne, ricca di interventi è stata subito dopo l’accoglienza nella prestigiosa Accademia rumena (Academia Română), istituzione culturale cattolica fondata nel 1866, con sede a Bucarest e composta da 181 membri eletti a vita.
Significativa è stata l’inaugurazione di una piazzetta dominata da una statua della Madonna di Fatima e di Giovanni Paolo II in una piccola comunità alla periferia della capitale, una comunità bulgara. Non è sfuggito il legame di questa con le tristi vicende dell’attentato del 13 maggio 1981, quasi un riscatto per quella gente che, pur sotto una pioggia battente, che si è verificata solo in questo appuntamento, ci ha testimoniato una fede incredibile con la preghiera, il canto, l’affetto di cui è capace il popolo di Dio.
In questa comunità ho toccato con mano, visibile nelle case e nei volti, la durezza della vita di queste persone e i sacrifici fatti, nella loro povertà, per l’opera che ci si apprestava ad inaugurare, opera che ha dato loro, in quel luogo bello e significativo, come uno “spazio altro” per l’incontro e la riflessione, dentro una storia ancora poverissima, a tratti disumana, travagliata, che tanti decenni di dittatura ha lasciato non solo nelle strutture fatiscenti, ma anche sui volti e nei cuori.
Alla sera la solenne Eucaristia in latino nella Cattedrale, e l’accoglienza davvero familiare dell’Arcivescovo Ioan Robu.
Nel palazzo arcivescovile ha dato modo ai sacerdoti presenti di intrattenersi, assieme al card. Stanislaw, su svariati discorsi e domande, tante riguardanti Karol Wojtyła, alla sua persona e al suo pontificato.
Iasi è stata la seconda tappa.
Accolti nel nuovo episcopio accanto alla bellissima cattedrale circolare, ho ritrovato un clima di grande familiarità.
Qui l’evento centrale della giornata è stato l’incontro con il Seminario che Giovanni Paolo II ha tanto aiutato per la sua rinascita e per il suo compito di formazione. E’ questa l’istituzione e il cuore pulsante della grande diocesi, basti pensare che il seminario di Iasi funziona dal 1885, con un periodo di inattività dal 1948 al 1956, a causa delle condizioni politiche. Dopo la caduta del regime di Ceausescu nel 1989 e fino ad oggi ha dato alla Chiesa più di 250 sacerdoti. Non avevo mai visto tanti seminaristi teologi, ben 150, che hanno accolto gli ospiti con il potente canto del Cristus Vincit che sembrava non finire mai. Qui, a braccio, il ringraziamento del cardinale, è stato tra i più belli.
Rispondendo al saluto del Rettore, ha parlato loro dell’importanza del Seminario, della formazione al sacerdozio, del fatto che sempre i seminari erano presenti nel cuore e nell’attenzione del Papa Beato, perché questa realtà ecclesiale è davvero la pupilla degli occhi del vescovo, nel senso che guardando al Seminario il Pastore vede il futuro della sua Chiesa.
Ma interessanti sono stati pure gli accenni a quanta importanza Giovanni Paolo II desse allo studio, alla cultura, alla formazione, ma soprattutto a quel riavvicinamento tra la scienza, la ragione e la fede, che in un equilibrio armonico possono davvero costruire e servire l’uomo liberandolo da tante schiavitù.
“Ma tutto iniziò - ha continuato l’ospite - con quelle parole programmatiche fatte nell’omelia di inizio del suo ministero apostolico: “Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo, solo Lui sa…”
Tutto il suo andare per il mondo fu un dare questo incoraggiamento alla gente, ai popoli, a recuperare la propria dignità umana, la propria fortezza, a non chiudersi in rassegnazioni passive, in modelli già sperimentati e tanto meno dentro modelli oppressivi, perché c’è un di più da scoprire, una verità insita nell’umano che lo salva, che solo Cristo conosce e svela.”
La Messa in latino che è seguita, accompagnata da un incredibile coro di seminaristi, è stata un momento di grande comunione che ha avuto il suo apice nel dono che l’istituzione diocesana ha ricevuto, una preziosa reliquia di Giovanni Paolo II.
Affabilissimo poi l’incontro con i professori e sacerdoti del Seminario: prestandosi alle domande, l’illustre ospite ha tratteggiato con stile personalissimo e carico di affetto la figura di Giovanni Paolo II, rivelando aspetti inediti della sua umanità.
L’arcivescovo di Cracovia a una domanda ha risposto che il Papa con l’elezione non è cambiato, non ha cambiato i suoi stili essenziali di vita, il suo modo di essere, ha continuato ad essere e a fare da Papa quello che faceva prima, quello che i suoi contemporanei dicevano fosse già da giovanissimo sacerdote. Tra questo suo essere, la grande capacità di ascolto, di apprezzamento degli altri, la sua passione per l’ecumenismo, la sua attenzione alla concretezza della vita del mondo, della gente, del singolo, perché, ha sottolineato il card. Stanislaw, “aveva la capacità di entrare in una relazione personalissima e di farne memoria”
Anche a Iasi, la fraternità dei vescovi mons. Petru Gherghel e mons. Aurel Perca, ha permesso dialoghi lunghi, fraterni, al di là di ogni protocollo, con conoscenza reciproca dei presenti.
Il giorno dopo l’incontro tanto atteso, in Bucovina, ai piedi dei Carpazi, dopo ore di macchina, con la scorta, attraversando paesi e scenari unici, ma segnati sempre da quel triste passato ormai lontano eppure ancora presente, sia nell’architettura, sia nel livello di vita sociale presente sulle strade e nelle piazze che si incrociavano, ecco emergere dal verde il paese di Poiana Micului; in realtà ci siamo accorti di essere arrivati non dai cartelli stradali, ma dal cambio della scorta, 14 cavalli di razza rumena dalle dimensioni notevoli cavalcati da uomini in costume tradizionale. Qui l’accoglienza, la Messa, tutto è stato qualcosa di indescrivibile, frutto, per quella gente, di un sogno che si pensava irrealizzabile e che invece si stava realizzando, proprio nel loro piccolo paese, la consacrazione della chiesa nuova, dedicata a Giovanni Paolo II, la presenza dei due vescovi diocesani, di trenta sacerdoti, del Cardinale di Cracovia, tutto in diretta su Radio Maria.
Motore di tutto il giovanissimo e intraprendente parroco don Gabriel Bucur che sprizzava gioia ed energia da tutti i pori, che ha visto, per la festa, triplicarsi la popolazione della sua parrocchia. Anche qui, tra i tanti doni portati all’offertorio quale dote alla nuova chiesa, la preziosa reliquia di Giovanni Paolo II che farà di questo luogo sacro, in mezzo ai Carpazi, quasi un santuario.
Qui il Vescovo di Iasi ha pubblicamente ringraziato e premiato i benefattori dell’opera e tra questi don Iosif Antoci, prete rumeno in servizio pastorale a Vienna, per merito del quale, ho detto più tardi al vescovo, noi tutti siamo qui e godiamo di queste giornate e di queste opere.
Nel pomeriggio ancora una corsa insinuandoci dentro le montagne non tanto alte, al Monastero di Voronet, uno tra i più noti della Romania. Fondato nel 1488 da Stefano il Grande per ricordare la vittoria sui Turchi del 1475, monastero che dal 1993, insieme ad altre chiese e monasteri della zona, fa parte del patrimonio dell'Unesco. Il nostro pellegrinaggio si è chiuso un’ora più tardi a Cacica, un piccolo centro che si sviluppò soprattutto alla fine del XVIII secolo attorno ad una miniera di sale, ma diventato famoso perché accoglie il santuario nazionale mariano della Romania, qui l’ultima festosa accoglienza della minoranza cattolica guidata dai Padri Conventuali. Nella Basilica troneggiava un grande ritratto di Giovanni Paolo II, immagine che ci ha accompagnato dappertutto, in ogni chiesa e luogo visitati, ma che ho trovato viva e presente nell’amabilità del suo ex segretario e ora metropolita di Cracovia, custode della sua memoria, che ci ha un po’svelato aprendo lo scrigno del cuore e dei ricordi e che hanno creato quel clima indescrivibile che rimarrà indelebile per tutti coloro che hanno gioito dell’esperienza e degli incontri di queste giornate.
Mai dimenticherò poi l’affabilità dei sacerdoti e dei Vescovi, espressa anche a me in quei giorni, quasi fossi loro diocesano, credo per comunicarmi la loro immensa gioia per la coscienza di aver vissuto un incontro storico, mai immaginato, nell’aver risentito, attraverso la persona amica del cardinale Dziwisz, la figura, l’eco della parola, ma soprattutto la grazia di una presenza protettiva e amata che continua ed è viva, quella del beato Giovanni Paolo II.
don Maurizio Qualizza