DA ROMA Salvatore Mazza
C elebrare il processo di beatificazione di Giovanni Paolo II «è stato utile». Perché «è stato ben altro che il burocratico esame di un’esistenza, ben altro che un’opacizzante 'conta' dei meriti sotto uno sguardo freddamente indagatore ». Al contrario, esso «ha con¬sentito di restituire intensità e vigore agli aspetti già noti della vicenda umana» di papa Wojtyla, «intarsiandone la trama di episodi inediti offerti alla condivisione comune da chi li conserva intatti nella propria memoria ». Di questo si è detto «convinto» monsignor Slawomir Oder, tenendo ieri pomeriggio a Roma, nell’auditorium dedicato al Pontefice scomparso nel 2005 dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, una conferenza sul tema.
Il segreto e l’essenza della santità di Giovanni Paolo II. Postulatore della causa del Papa polacco, Oder ha ripercorso nella sua relazione la vita di Wojtyla, definita «un anelito all’eternità perché, riempita dell’amore per Cristo e per i fratelli, rimandava costantemente alla sua origine e alla sua meta, all’amore di Dio». Giovanni Paolo II «era un uomo libero, era distaccato dai beni materiali ma anche da se stesso: non ricercava il proprio successo o una sua autono¬ma realizzazione; era libero nei confronti degli altri: sapeva ascoltare e anche accettare la critica, prediligeva la collaborazione e rispettava la libertà dei suoi collaboratori... Ha portato la croce con dignità e silenzio, e alla fine la sofferenza è entrata a far parte della sua spiritualità, nel suo rapporto con Dio». «Quando Wojtyla è morto – ha 'confessato' il postulatore – sentii nascere in me una gran voglia di gridare 'È morto il santo'... Una parte di me, forse, pensava che se quella acclamazione fosse divenuta corale, se tutti i fedeli che erano lì radunati si fossero uniti al mio grido, la canonizzazione sarebbe stata apertamente conclamata. Invece restai in silenzio, e un po’ me ne sono pentito».
Ma, appunto, «sono convinto – ha aggiunto subito dopo – che celebrare il processo sia stato utile». Riguardo al cui merito – il più veloce della storia moderna, sei anni e un mese –, rispondendo alle domande dei giornalisti presenti, Oder ha sottolineato come la difficoltà più grande sia stata quella di «distaccarsi, mantenere la dovuta oggettività». Il primo risultato di tutto questo lavoro, è che esso «ha confermato la totale trasparenza della sua vita, non vi fu un Wojtyla pubblico e un altro privato, non era una immagine mediatica, l’opinione che il mondo aveva maturato di lui si è dimostrata vera».
Durante la causa, ha quindi risposto il postulatore a chi gli chiedeva se nel corso del processo siano emersi dubbi su un eccesso di 'debolezza' verso Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, «sono stati analizzati tutti gli aspetti dell’azione del Papa, con cura e precisione, e anche questo lo è stato». Smentite, invece, le presunte 'difficoltà' sul miracolo riconosciuto (la guarigione dal morbo di Parkinson di una suora): «Una delle difficoltà di questo processo – ha affermato Oder sorridendo – è stato l’interesse dei giornalisti che non sempre dicevano la verità: il miracolo è stato esaminato con la massima attenzione e seguendo scrupolosamente la procedura».
Procedura che, adesso, è pronta a rimettersi in moto per la canonizzazione: «Il miracolo potrebbe avvenire dopo, ma magari anche durante la beatificazione».