Nel suo Testamento, dove Francesco rilegge tutta la sua vita, ormai giunto al termine dei suoi giorni, riconosce l’origine del suo percorso: «quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia». Egli imbatta con una realtà quotidiana interiore alquanto peccaminosa ma scorgendo in essa anche una fede che lo aiuta ad accoglierla e viverla attraverso “l’uso della misericordia”. Da qui il Santo di Assisi inizia il suo cammino, in cui riconosce il perdono di Dio per i propri peccati ed impara ad essere misericordioso. Questo sguardo determinerà san Francesco in tutti i suoi rapporti. “Il Signore stesso mi condusse tra i lebbrosi e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo.”
Francesco impara ad amare attraverso il volto del Padre, “ricco di misericordia” (Ef 2,4), ed un cuore che non conosce la durezza della superbia e che sa “camminare nella carità” (Ef 5,2). Il nostro amato Santo ammoniva i suoi frati ricordando che “dove è misericordia e discrezione, ivi non è né superbia né durezza”, un atteggiamento quindi che deve essere all’insegna della tenerezza e dell’accoglienza reciproca poiché tale è il carattere del cristiano. Questo modus operandi è, in realtà, lo stile che attrae ogni creatura di qualunque credo religioso poiché esso è in netto contrasto con la superbia e l’esclusione fraterna. Riprendendo le parole di Papa Francesco, “la misericordia è la vera forza che può salvare l’uomo e il mondo dal cancro che è il peccato il male morale ed il male spirituale.”
Il riconoscersi peccatore ma perdonato dall’amore di Dio Padre è altresì segno tangibile della misericordia di Dio. Noto è infatti il assaggio nei Fioretti, in cui frate Masseo di fronte al suo “successo” esclama: “Perché a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’ubbidirti? Tu non se’ bello uomo del corpo, tu non se’ di grande scienza, tu non se’ nobile onde dunque a te che tutto il mondo ti venga dietro?”. Ecco la risposta di Francesco: perché gli occhi di Dio “non hanno veduto fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me… perciò ha eletto me per confondere la nobilità e la grandigia e la fortezza e bellezza e sapienza del mondo, acciò che si conosca ch’ogni virtù e ogni bene è da lui, e non dalla creatura, e nessuna persona si possa gloriare nel cospetto suo”.
Nel riconoscersi peccatori è intrinseco anche l’atteggiamento di apertura reciproca come impulso che spinge noi cristiani a sviluppare quell’ecumenismo tanto discusso negli ultimi tempi. Noi della fraternità “don Tonino Bello”, ultimamente abbiamo sperimentato in maniera tangibile questo grande dono facendo esperienza di cammino con dei fratelli induisti che hanno arricchito la nostra esperienza spirituale proprio nel vivere il vangelo secondo uno stile francescano, ossia “sine glossa”. Risulta ben evidente come essere cattolici, protestanti o ortodossi, non significa esser migliori o peggiori degli altri ma significa sentire davvero bisogno del volto di misericordia del Padre. La famiglia Karuppiah e la piccola Sara sono l’espressione dei frutti del carisma francescano, infatti tale grazia divina ha dato vita ad un fatto più unico che raro, ossia a “famiglie francescane” in altre confessioni cristiane: francescani e clarisse anglicani, gruppi francescani indù, "amici" di san Francesco in ogni cultura e religione. (G. Bini, Presentazione della Famiglia francescana).
Il nostro amato don Tonino Bello cosi descrive la misericordia: “Occorre dirlo, nel linguaggio biblico non significa tanto pietà, quanto tenerezza, lealtà, bontà, cuore fedele, stile generoso, animo disponibile, comportamento disinteressato”; parole che risuonano in un’omelia di San Giovanni Paolo II (30 aprile 2000) “E' lo Spirito che risana le ferite del cuore, abbatte le barriere che ci distaccano da Dio e ci dividono tra di noi, restituisce insieme la gioia dell'amore del Padre e quella dell'unità fraterna”.
Fratelli, il monito di questa domenica è: “Gesù, confido in te”, un semplice atto di abbandono al Padre che squarcia le nubi più dense e fa passare un raggio di luce nella vita di ciascuno! Ripetiamo ad alta voce queste sublimi parole ogni qualvolta nella nostra vita ci allontaniamo da quel Volto raggiante del Dio vivente che ha fatto brillare i nostri occhi nel battesimo per essere ora suoi figli maturi dell’esperienza di un amore eterno.
Atto di consacrazione del mondo alla Divina Misericordia
Dall’omelia del 17 agosto 2002 di Papa Giovanni Paolo II
Dio, Padre misericordioso, che hai rivelato il Tuo amore nel Figlio tuo Gesù Cristo, e l'hai riversato su di noi nello Spirito Santo, Consolatore, Ti affidiamo oggi i destini del mondo e di ogni uomo. Chinati su di noi peccatori, risana la nostra debolezza, sconfiggi ogni male, fa' che tutti gli abitanti della terra sperimentino la tua misericordia, affinché in Te, Dio Uno e Trino, trovino sempre la fonte della speranza. Eterno Padre, per la dolorosa Passione e la Risurrezione del tuo Figlio, abbi misericordia di noi e del mondo intero! Amen.
La Ministra dell’OFS “don Tonino Bello”
Morena Fontana