La relazione introduttiva, svolta da don Franco Gismano, docente di teologia morale alla facoltà Teologica Regionale, è stata particolarmente ricca di spunti di riflessione e ha preso le mosse dalla generalità del “concetto di vita”, ponendo l’accento sulla necessità di distinguere tra la “descrizione” della vita – compito dei biologi – e la “valutazione” della vita stessa, attività che non può essere affidata alle semplificazioni e alle categorie tipiche della scienza, ma si deve fondare su principi etici e morali.
Il relatore, nell’esemplificare la sua tesi, ha coinvolto i presenti con gli interrogativi fondamentali, chiedendosi quando ha inizio la vita: con il concepimento? – con l’embrione? – con il feto? – con la nascita? - , e giungendo alla conclusione che, se la scienza, per ovvie necessità descrittive, è in grado di formulare delle definizioni, così come è capace di descrivere l’adolescenza, l’età adulta o la senilità, essa non è però in grado di esprimere una “valutazione” sulla vita.
Don Gismano ha anche invitato i numerosi presenti a riflettere sulla differenza tra ciò che è naturale e ciò che si considera artificiale, in relazione agli strumenti e alle metodologie offerte dalla scienza e dalla tecnologia per la cura dei difetti fisici. La conclusione del relatore è che si deve considerare naturale tutto ciò che non è in grado di sostituire completamente le funzioni biologiche intrinseche all’essere vivente. Così - ha spiegato -, non si può considerare come “vista artificiale” quella che scaturisce da un sistema di correzione come può essere un semplice paio di occhiali, né, più in generale, si può considerare come artificiale la funzione biologica assistita o, in qualche modo surrogata, dall’uso di protesi.
Men che meno – è stata la conclusione di don Gismano – può essere considerata come “artificiale” l’alimentazione umana, anche se indotta attraverso una sonda gastrica.
La relazione ha posto anche l’accento sulla necessità di distinguere tra alimentazione e cura. Da questa sottolineatura è scaturito un significativo parallelismo tra quella sorta di “alleanza” in virtù della quale gli esseri umani, anche attraverso l’attività medica, sono capaci di prendersi cura gli uni degli altri, e l’Alleanza di biblica memoria fra Dio e l’Uomo.
Laddove c’è vita – ha proseguito don Gismano - c’è relazione e attenzione per i propri simili, introducendo così delle significative riflessioni sul concetto di etica e morale nella cura e affermando che tutti gli esseri umani hanno il diritto alla miglior cura possibile e che, compito morale dei cristiani, dev’essere proprio quello di impegnarsi affinché ciò avvenga.
L’attenzione si è poi spostata sul caso Englaro, sulla cui vicenda don Gismano non ha esitato a definire l’applicazione del “protocollo” che ha portato Eluana alla morte come un vero e proprio omicidio.
Sul tema del testamento biologico, pur ribadendo la sua contrarietà all’accanimento te
rapeutico, il relatore ha auspicato grande cautela da parte del legislatore e delle forze politiche nell’affrontare questo tema così delicato ed ha manifestato la perplessità morale dovuta alla “contrattualizzazione” delle modalità di porre fine in modo artificioso e volontario alla vita umana.
Al termine della relazione, seguita dai presenti con grande interesse, è scaturito un dibattito ricco e pacato dove sono emersi, soprattutto in riferimento al caso Englaro, interrogativi sul concetto della dignità umana, sul dramma umano del padre di Eluana, sulla esagerata strumentalizzazione mediatica del caso e del rischio connesso di porre in secondo piano le necessità dei tanti milioni di esseri umani abbandonati alla fame, alle malattie e alla più totale miseria.