Domenica 18 novembre si celebrerà in parrocchia la Giornata del Ringraziamento per i frutti della terra. La S. Messa sarà celebrata alle ore 9.30 nella chiesa di San Valeriano.
Alla Messa saranno portati all'altare i frutti della terra. Seguirà la benedizione delle macchine agricole e di servizio pubblico ed un momento conviviale offerto dalla Coldiretti.
«Confida nel Signore e fa’ il bene: abiterai la terra» (Sal 37,3). Questo il tema scelto per la 62ª Giornata nazionale di cui si riporta il messaggio della Commissione episcopale e l’intervista a don Paolo Bonetti, nuovo consigliere ecclesiastico della Coldiretti, in occasione della Giornata nazionale del ringraziamento.
MESSAGGIO per la 62ª Giornata nazionale del Ringraziamento
11 novembre 2012
«Confida nel Signore e fa’ il bene: abiterai la terra»
«Confida nel Signore e fa’ il bene: abiterai la terra» (Sal 37,3). Questo bel versetto descrive efficacemente il cuore di tutti noi nella tradizionale Giornata del Ringraziamento rurale, che celebriamo agli inizi dell’Anno della Fede, tempo di grazia e di benedizione, indetto da Benedetto XVI. Le parole del salmo sono l’espressione di uno stile di vita radicato nella fede, con il quale desideriamo ringraziare il Signore per ogni dono che compie nelle nostre campagne e per il lavoro dei nostri agricoltori.
La fede e il mondo agricolo
È l’Anno della Fede, da cogliere nei gesti stessi del lavoro dei campi. Che cosa sono infatti le mani dell’agricoltore, aperte a seminare con larghezza, se non mani di fede? Non è forse la fede nella gioia di un raccolto abbondante, solo intravisto, a guidare le sue mani nella necessaria potatura, dolorosa ma vitale? E quando il corpo si piega per la fatica, che cosa lo sorregge e ne asciuga il sudore se non questa visione di fede, che allarga gli orizzonti e apre il cuore?
Ecco perché in questa festa, occasione attesa per benedire il Signore per i frutti della terra, diciamo il nostro grazie a tutti coloro che operano tra i campi e i filari, che credono nel futuro investendo, anche con grande rischio, i loro sacrifici per il bene della famiglia e della società tutta. Non ci stancheremo mai di far sentire come importante questa Giornata del Ringraziamento, memori dell’esortazione di papa Benedetto XVI a «fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità» (Caritas in veritate, n. 34).
Nella fede riconosciamo la mano creatrice e provvidenziale di Dio che nutre i suoi figli. Ciò appare in modo speciale a quanti sono immersi nella bellezza e nell’operosità del lavoro rurale. Guai se dimenticassimo la relazione d’amore e di alleanza che Dio ha intrecciato con noi e che diventa vivissima davanti ai frutti della terra, per i quali rendiamo grazie secondo il comandamento biblico: «Il Signore, tuo Dio, sta per farti entrare in una buona terra: terra di torrenti, di fonti e di acque sotterranee, che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; terra di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; terra di ulivi, di olio e di miele; terra dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; terra dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai, sarai sazio e benedirai il Signore, tuo Dio, a causa della buona terra che ti avrà dato» (Dt 8,6-10).
La valenza educativa del ringraziare, guardando ai giovani
La valenza educativa propria della Giornata del Ringraziamento ha una ricaduta importante nell’attuale società, in cui l’appiattimento sul presente rischia di cancellare la memoria per i doni ricevuti. Pensiamo in particolare ai giovani, che in tanti stanno riscoprendo il lavoro agricolo: nel ritorno alla terra possono aprirsi nuove prospettive per loro e insieme un modo nuovo di costruire il futuro di tutti noi.
Un grazie particolare va alle Cooperative agricole che ridanno vita a terreni abbandonati, in non pochi casi togliendoli alla malavita organizzata, con una forte ricaduta educativa per tutto il territorio dove si trovano a operare. Infatti, la bellezza di una terra riscattata, che da deserto diventa giardino, parla da sé: non solo cambia il paesaggio, ma soprattutto rincuora l’animo di tutti. Una terra coltivata è una terra amata, sposata, come narra il profeta Isaia, nel celebre capitolo 62. Ce lo ricorda soprattutto il “Progetto Policoro”, la cui opera benemerita non cessiamo di indicare in chiave esemplare a tutte le comunità. Anche nelle regioni del Nord questa esperienza si sta rivelando feconda, ed è bello vedere tanti ragazzi del Sud, che da tempo vivono in condizioni difficili, farsi in un certo senso maestri di itinerari concreti di speranza e di sviluppo.
Certo, i giovani hanno bisogno di adulti che si schierano dalla loro parte, che investono per loro e con loro, offrendo garanzia per il futuro. Gli orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo ci invitano a riscoprire un verbo molto importante: accompagnare i giovani.
La nota pastorale “Frutto della terra e del lavoro dell’uomo”. Mondo rurale che cambia e Chiesa in Italia, del 19 marzo 2005, indicava alcune modalità concrete (cfr. n. 24) che intendiamo riproporre:
- diffondere una azione educativa e culturale che valorizzi la dignità di chi sceglie di rimanere a lavorare in campagna;
- garantire ai piccoli comuni le condizioni necessarie per una dignitosa qualità della vita, con servizi adeguati e opportunità di scambio;
- favorire nuove politiche per l’accesso dei giovani al mercato fondiario e degli affitti, strumenti fiscali adeguati, incentivi per mettere a disposizione le terre, sostegno nella fase iniziale dell’attività aziendale, azionariato popolare diffuso;
- rendere facile l’accesso al credito agevolato per i giovani agricoltori.
Mentre vediamo crescere la presenza confortante dei giovani nell’agricoltura, non possiamo tacere il nostro dolore davanti alle immagini che mostrano molti braccianti agricoli, in gran parte immigrati, lavorare in condizioni davvero inique. Che dire, ad esempio, delle baracche dove spesso sono accolti? Ancora assistiamo a casi in cui la dignità del lavoratore è smarrita, per le condizioni di avvilente sfruttamento in cui versa, come attesta anche il perdurante dramma del caporalato. Già molte volte le Chiese locali hanno fatto sentire la loro voce contro le ingiustizie. Invitiamo le nostre comunità a un’ulteriore vigilanza per favorire la difesa della giustizia e della legalità nel settore agricolo.
La priorità dell’economia rurale per ritornare al territorio
Di fronte alla grave crisi che tocca il mondo economico e industriale, occorre guardare al futuro del nostro Paese andando oltre schemi abituali. È importante guardare al nostro futuro nel rispetto e nella valorizzazione delle tipicità dei diversi territori che la bella storia d’Italia ha posto nelle nostre mani e che costituiscono l’unico Paese. Se è vero che investire «è sempre una scelta morale e culturale», come scriveva Giovanni Paolo II nella Centesimus annus al n. 36, è necessario legare tali investimenti alla cura dell’uomo e del territorio, così da rendere quest’ultimo fecondo di beni, sostenibile per l’ecosistema, rispettato e amato, arricchito di forza per le nuove e per le future generazioni.
Investire nell’agricoltura è una scelta non solo economica, ma anche culturale, ecologica, sociale, politica di forte valenza educativa. Infatti «le modalità con cui l’uomo tratta l'ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è incline all’edonismo e al consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano» (Caritas in veritate, n. 51).
Chiudiamo il nostro appello al mondo rurale e agricolo con le belle parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa che, nell’ottica dell’Anno della Fede, ci invitano a cogliere il passaggio di Dio nella fatica e nella bellezza del lavoro dei campi: se «si arriva a riscoprire la natura nella sua dimensione di creatura, si può stabilire con essa un rapporto comunicativo, cogliere il suo significato evocativo e simbolico, penetrare così nell’orizzonte del mistero, che apre all’uomo il varco verso Dio, Creatore dei cieli e della terra. Il mondo si offre allo sguardo dell’uomo come traccia di Dio, luogo nel quale si disvela la Sua potenza creatrice, provvidente e redentrice» (n. 487).
Ci aiuti San Martino, il cui gesto di condivisione del mantello è simbolo di ogni dono perfetto che viene dall’alto e che ci rende solidali.
E ci accompagni il cuore di Maria di Nazareth, che custodisce e medita nella sua storia ogni frammento di esistenza, per elevare un inno di benedizione, un perenne “Magnificat” che canti come il nostro Dio faccia emergere i piccoli e i deboli, precipitando i potenti dai loro troni.
Roma, 4 ottobre 2012
Festa di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia
La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
INTERVISTA a don Paolo Bonetti, nuovo consigliere ecclesiastico della Coldiretti, in occasione della Giornata nazionale del ringraziamento
Don Bonetti, qual è, secondo lei, il rapporto tra fede e mondo agricolo?
La terra è la casa comune degli uomini. In questa casa c’è la vita. La terra è vita. Se la vita l’abbiamo ricevuta, vivere è ringraziare. Ringraziare per il mondo rurale diventa festa. E fare festa unisce in fraternità, che rende più umano il nostro vissuto quotidiano. Ma, per ringraziare, è necessario avere uno sguardo contemplativo sulla creazione. L’acqua, l’aria, la luce, le piante, gli animali sono presenze fondamentali che accompagnano la vita di ogni uomo. Per questo la terra, l’uomo, il lavoro sono in rete. Ogni spiga di grano, ogni grappolo d’uva è il frutto di questa sinergia tra l’uomo e la creazione. Anche il coraggio d’intraprendere proclama la dignità degli agricoltori come collaboratori del creatore. E poi nessun lavoro, come quello dei campi, raggiunge uno scopo più alto di quello di preparare il pane e il vino per l’Eucaristia. Da questa seconda relazione scaturisce l’impegno a non dimenticare nessuno perché tutti siano partecipi dei frutti della terra.
C’è ancora nel cuore dell’uomo capacità di ringraziare per il dono del creato?
È il dono stesso della vita che ci mette nella condizione di esprimere la nostra riconoscenza. Lo sguardo contemplativo sulla creazione è sorgente della gratitudine perché mi spalanca gli occhi del cuore, mi dà lo sguardo del bambino, che è uno sguardo pieno di magia perché rende il cuore pieno di gioia ma anche di umiltà. Ecco perché, con la Giornata del ringraziamento, comprendiamo che abbiamo bisogno tutti di andare alla scuola della gratitudine, per ricevere il senso dello stupore e imparare di nuovo a dire grazie.
C’è, dunque, anche una valenza educativa nella Giornata del ringraziamento?
Nella società attuale abbiamo dimenticato la gratitudine, attraverso la quale, invece, diventiamo più uomini, più attenti al bene, più maturi, più soddisfatti della vita. La gratitudine ci aiuta a non pensare in negativo e a essere più ottimisti anche davanti alle difficoltà della vita. Ho riscontrato nella mia esperienza che le persone aperte alla gratitudine sanno esprimere maggiore vicinanza agli altri, collaborano a costruire solidarietà e soprattutto sperimentano la vita come una benedizione.
Come possiamo aiutare i giovani a riscoprire la terra e i valori a essa legati?
Da alcuni anni i giovani stanno riscoprendo l’agricoltura come passione, ma anche come vocazione. Ecco perché si guarda con serenità e fiducia verso il futuro: l’agricoltura e anche l’economia potrà ricevere quella vitalità e quel dinamismo che vengono dai giovani. Questo tornare dei giovani alla terra sarà un beneficio anche per lo sviluppo: infatti, i ragazzi sono molto attenti al patrimonio e alla cultura legati alla vita della terra, ma in più possono mettere fantasia, creatività, passione, intelligenze a servizio della campagna. Tutto questo si traduce non solo nel coltivare i campi, ma anche in quei progetti di filiera che fanno scoprire la multifunzionalità dell’agricoltura.
Secondo un’analisi della Coldiretti, grazie alla green economy nei prossimi tre anni si aprono opportunità per oltre centomila posti di lavoro...
L’agricoltura avrà un futuro se avrà giovani imprenditori. Con loro possono crescere la competitività e la redditività, che sono importanti, ma anche la capacità di intraprendere legata non solo alla produzione ma anche ai valori sociali, morali, spirituali. Io ripeto sempre che è importante il fattore umano. È un aspetto fondamentale di chi si impegna in questo settore. I ragazzi sentono di essere protagonisti non solo di un’azienda, ma anche dello sviluppo di essa, con un forte senso di protagonismo, ma anche di dignità e responsabilità verso questo lavoro, alla ricerca del bene comune. Tutto ciò fa bene sperare per il futuro.
Un ritorno alla terra la preserva anche da tanti abusi che negli ultimi decenni hanno devastato il nostro Paese, con conseguenze tante volte gravi...
Dobbiamo tornare a capire il valore della custodia del creato, presentato come un grande libro, in cui scopro che la vita è benedetta. È necessario comprendere che se si ammala il creato si ammala anche l’uomo e che la vita non è possesso ma dono. Torniamo così alla Giornata del ringraziamento. L’uomo è guida ma con intelligenza e premura, come il giardiniere. Dio è generatore di vita, perciò anche noi siamo chiamati ad essere amanti della vita in tutte le sue forme.