Domenica di festa e di preghiera a tutte le Messe per l'ingresso del nuovo Arcivescovo, ma anche di rinnovato impegno con la consegna del Piano Pastorale parrocchiale.
Ma la ripresa del cammino fa toccare con mano anche la "desertificazione" di cui ha parlato Papa Benedetto XVI alla Messa di apertura dell'Anno della Fede.
Forte monito del parroco alle omelie della domenica.
Omelia del 14 ottobre 2012
E’ conosciutissimo il Vangelo di questa domenica riportato da tutti e 3 gli Evangelisti sinottici ad eccezione di Giovanni. Matteo specifica che il personaggio che interroga Gesù è un giovane, Luca invece dice che è un notabile. Possiamo allora intravedere in questa persona un po’ tutti, riassunti proprio dal termine generico usato da Marco “un tale”.
Quindi siamo anche noi…
Ma la prima cosa che dobbiamo notare è che “gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a Lui”
C’è un desiderio in questa persona, in questo giovane, c’è ancora dell’entusiasmo... E’ uno che ama e conosce la religione, i comandamenti, ma vuole scoprire ancora qualcosa, non gli basta il conoscere e neppure l’osservare, l’osservanza…
Questo desiderio fa sì che lo sguardo di Gesù, d’amore e di misericordia si posi su di lui…ci dice l’evanelista: Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò.
E’ il desiderio che anche oggi noi portiamo nel cuore che sembra, però, non esistere più, inghiottiti come siamo da quell’aridità dello spirito, di cui ha parlato Benedetto XVI giovedì aprendo l’Anno della Fede: “In questi decenni è avanzata una desertificazione spirituale”.
Ne è prova il fatto che venerdì sera ci siamo ritrovati in 20 ragazzi per il cammino della Cresima, perché ad altri 20 non interessa… Altri 20 non portano nel cuore quel desiderio del “giovane ricco”, di quel tale di cui ci ha parlato il Vangelo e in questo le famiglie dimostrano di non sostenere i figli. A questi ragazzi mancherà la possibilità, il luogo, le occasioni di “tirar fuori” quello che arde o che interroga il loro cuore, mancheranno le testimonianze che verranno ad arricchire il cammino formativo di catechesi, mancherà sicuramente un qualsiasi rapporto con la Comunità...E poi ci si interroga o si piange perché certi giovani, ma anche ragazzi, “gettano la spugna della vita”, della loro esistenza, non ce la fanno a sostenere le grandi domande dell’esistenza messe a nudo in particolar modo dalla situazione presente della difficoltà economica e antropologica che non aiuta nessuno, ma mette in crisi profonda.
Oggi i giovani vogliono sapere la verità sulla vita, sul futuro, su se stessi. Anche il giovane del Vangelo va da Gesù per interrogarlo sulla sua vita, per sapere la verità su se stesso. Gli dice infatti: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» Che in altre parole potrebbe suonare così: “che cosa devo fare, che strada devo percorrere per trovare la mia felicità, qual’è il mio futuro, a che cosa mi chiama la vita?”
E allora che dire? Che siamo ancora noi, adulti, “desertificati” da questo nostro tempo, da quel troppo vivere per noi stessi, da quel egocentrismo che è diventato idolatria di noi stessi!
E non siamo più in grado di educare, di dire parole significative alle nuove generazioni, di supportare scelte significative dei nostri figli, dei nostri ragazzi.
Il Papa, nelle prime parole dette per quest’anno della fede, ha messo a nudo la nostra povertà, il nostro deserto, ma anche la nostra responsabilità davanti a Dio e al futuro delle giovani generazioni.
Non basta la ricchezza che possediamo; quel giovane, dice il Vangelo, “si fece scuro in volto e se ne andò triste; possedeva infatti molti beni, sentì l'invito come un ulteriore comandamento e non percepì invece, come ha ricordato l'altra sera l'Arcivescovo Carlo ai giovani riuniti nel Duomo di Cervignano, l'amore di Gesù, cioé che era il mezzo, la strada per arrivare ad un amore più grande.” Non bastano cioè le mille attività fisiche e culturali; ci vuole anche il cuore, un cuore che incontra il Signore, un cuore che sa amare, un cuore che viva anche di Lui…
E seguire Gesù non è sinonimo di sacrifici come anche Pietro, sbagliando, dice: …«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito», quasi sottintendendo, e che cosa ne abbiamo guadagnato?... Infatti Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto e la vita eterna nel tempo che verrà».
Seguire Gesù rende piena la vita, moltiplica la vita, dona la vera felicità…