Con un incontro gioioso negli ambienti familiari dell’Oratorio Coassini è ripreso il cammino di educazione alla fede che porta specificatamente anche a vivere i sacramenti della confessione e dell’Eucaristia.
Anche se di fatto ancora generalmente la richiesta a questi “momenti religiosi” con relativa frequenza resiste, la domanda che ci si dovrebbe porre è ma fino a quando? Lo scopo di questi itinerari bisogna riconoscerlo, in molti casi non raggiunge il suo scopo fondamentale, quello di generare cristiani consapevoli e coerenti. Ne è prova il fatto che celebrato il sacramento sembra che quasi tutto evapori misteriosamente con l’estate. E non è questione, come forse ancora si pensa, di catechismi o di catechisti, forse anche, è invece cambiato, come ormai viene ammesso da tutte le parti, la situazione storico-culturale, con le conseguenze che questo ha portato nelle famiglie e nelle nostre comunità parrocchiali anche sul piano religioso. Necessita quindi una specie di rifondazione relazionale, umano-antropologica, e una catechesi che abbia il coraggio di chiamarsi “nuova evangelizzazione”. Lo ricorda a questo proposito anche il Papa Benedetto XVI nella sua lettera “Porta fidei” Capita ormai non di rado, afferma il papa, “…che i cristiani continuino a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone.” (cfr. n.2)
Questo lo si nota anche nel lavoro di base con i fanciulli, nelle relazioni con le famiglie, comunque anche nel calo delle iscrizioni ai cammini di fede e nell’appartenenza alla parrocchia, nessuna comunità è più un’isola felice in questo tempo in cui vige una fede “fai da te”, purtroppo accettata anche da parroci. L’impegno catechistico necessita dunque di un ritrovato primato all’evangelizzazione in vista del generare o rigenerare alla fede; una fede che coinvolga gli aspetti pubblici e privati dell’esistenza umana, rinsaldi il senso dell’appartenenza ecclesiale e faccia sì che la comunità cristiana non sia una semplice agenzia di servizi religiosi, ma luogo di vita, di identità e di concreta esperienza della salvezza operata da Cristo, anche per i fanciulli e i ragazzi.
Una difficoltà marcata oggi è quella che un bambino vive una realtà fluida e mutevole, nel senso che può passare facilmente da un ambiente dove si vive cristianamente, dove si apprezzano certi valori, si fanno certi discorsi ad un altro totalmente opposto. Basti pensare a quanti ambienti, attività vive il bambino non solo nel corso della settimana, ma di una giornata.
Queste sono le sfide che con entusiasmo e realismo i catechisti hanno accettato anche quest’anno e che porteranno avanti nei diversi itinerari, parrocchiali, dell’Agesci e dell’A.C.R. dove si vive l’iniziazione cristiana.