Ricca giornata quella dell’Assunta a Gradisca e in particolare nella Chiesa di Santo Spirito dove, per l’occasione dell’Assunta, si sono celebrati tutti i riti.
Ricca sia per il godimento nel risentire la voce dell’Organo a canne (King William's March – Clarke, Aria - Viviani, Preludio Dal Te Deum – Charpentier), il cui silenzio durava ormai da quasi quarant’anni, nell’occasione magistralmente suonato dagli organisti Vanni Feresin e Gianluigi Maràs, che lo ha anche rifatto funzionare, dopo un accurato intervento, sia per le omelie dei celebranti ed in particolare quella della Messa delle 11.15 officiata dal Rettore della Basilica di Sant' Antonio di Padova padre Enzo Poiana e quella della Messa solenne della sera celebrata da don Sinuhe Marotta che ha poi presieduto la processione. Tante persone parlando alla fine delle celebrazioni hanno detto, con non poco stupore, di essere ritornate come bambine, perché risentire la voce dell’organo di Santo Spirito le ha fatte ricordar quando salivano la cantoria per cantare con il coro ai tantissimi appuntamenti della parrocchia del Mercaduzzo.
Ecco la puntuale omelia di padre Enzo Poiana:
« Fratelli e sorelle, in questa solennità dell’Assunzione di Maria al cielo, o se vogliamo usare la terminologia bizantina della dormizione di Maria, siamo chiamati dalla parola di Dio a fare nostra la lode di Maria: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore,perché grandi cose ha fatto l’onnipotente”. Perché?
Ci viene in aiuto sant’Antonio di Padova che nel sermone per la festa dell’Assunta scrive: “O incomparabile dignità di Maria, o ineffabile sublimità di grazia, o imperscrutabile abisso di misericordia! Quando mai ad angelo o a uomo fu o sarà data tanta grazia e tanta misericordia, quanta ne fu data alla beata Vergine, che Dio Padre ha voluto fosse la Madre del suo Figlio, uguale a se stesso e generato prima di tutti i secoli? Sarebbe considerata una grazia grandissima e una dignità sublime, se una povera donna qualunque potesse avere un figlio dall'imperatore. Veramente superiore ad ogni grazia fu quella di Maria, che ebbe il Figlio con l'Eterno Padre, e quindi oggi ha meritato di essere coronata in cielo”.
Tutti noi, uomini o donne, siamo nati da una donna. “Che scoperta!”, dirà qualcuno. Eppure, a pensarci bene, non è un’osservazione così banale. Al di là di una fredda considerazione scientifica sui meccanismi della riproduzione; al di là anche dei drammi umani in cui a volte può dolorosamente situarsi una gravidanza, rimane pur sempre un qualcosa di meraviglioso nel fatto della maternità: ognuno di noi esiste perché una donna ci ha portato in grembo e ci ha dato alla luce... Ed è veramente difficile immaginare un ruolo o una qualifica umana più grande e più importante di questa: dare la vita. Senza far torto, ben inteso, al ruolo maschile nella faccenda... e senza ridurre in alcun modo la funzione sociale della donna alla maternità.
L’apostolo Paolo scrivendo ai Galati dice: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna...” (Gal 4,4). Il nome di questa donna è Maria di Nazaret, la madre di Gesù. All’epoca, una sconosciuta ragazza ebrea; oggi, quella stessa donna che noi chiamiamo “la Madonna” e che festeggiamo come “l’Assunta”, colei che è stata “innalzata alla gloria del cielo in corpo e anima”, come abbiamo detto nella preghiera all’inizio della Messa.
Ma attenzione: appena si parla di “Madonna” e di “cielo”... vediamo di rimanere con i piedi per terra! Voglio dire: non dimentichiamo che si tratta di una donna vera, una donna in carne e ossa, vissuta su questa terra con tutti i problemi e le difficoltà che si incontrano in ogni esistenza umana. E anche qualcuno di più: non solo perché Maria era una donna povera; ma anche perché, preservata dal peccato originale, possedeva una sensibilità unica sia nel gioire (pensiamo alla sua divina maternità) che nel soffrire (pensiamo a quando le toccò di vedere suo Figlio condannato a morte e crocifisso e quando lo ricevette tra le sua braccia deposto dalla croce).
Che cos’è successo perché questa povera ed umile donna sia diventata così importante e così “famosa” da essere raffigurata e venerata in innumerevoli icone, quadri, statue, santuari... e invocata da milioni di persone a 21 secoli di distanza dalla sua assunzione?
È successo quello che ci ricorda la 2ª lettura: “Cristo è risuscitato dai morti...”. Questo “Cristo” è precisamente Gesù, il figlio di Maria: quello stesso che noi chiamiamo “unigenito Figlio di Dio”, che “per noi uomini e per la nostra salvezza... si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo”.
Con la risurrezione di Gesù da morte è nata la fede cristiana: quella appunto che noi professiamo nel “Credo”. E dovunque si è propagata questa fede, si è diffusa la venerazione per la “Madre del Signore”. Non è possibile, infatti, riconoscere in Gesù il Figlio di Dio fatto uomo, senza riconoscere al tempo stesso le “grandi cose” che Dio ha operato in Maria sua madre.
San Massimiliano Kolbe, che abbiamo festeggiato ieri, ci direbbe anche oggi che non si può accogliere il Figlio senza accogliere la Madre e non si può ricordare la Madre dimenticando il Figlio. Il Cristiano è profondamente di Cristo solo se se accetta di essere anche di Maria. Gesù dalla Croce ce l'ha consegnata in Giovanni come Madre.
Nella festa di oggi celebriamo il “momento conclusivo” delle grandi cose che Dio ha compiuto in Maria. Come dice un’antica preghiera della liturgia, Maria “ha subìto la morte temporale, ma senza rimanere rinchiusa nei lacci della morte”. Essa è già pienamente partecipe della vita nuova del suo figlio risorto, con tutto il suo essere: con quel corpo di donna da cui Gesù aveva ricevuto la vita sulla terra. Dio infatti “non ha voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita” (cf Prefazio).
La festa dell’Assunzione è come la continuazione della festa di Pasqua. Maria è la prima di noi che ha seguito Cristo nella realtà nuova della risurrezione, come è stata la prima di noi ad accogliere Cristo nella solidarietà della condizione umana. La prima credente, la prima “discepola del Signore”, la prima redenta, ante previsa merita, da Lui.
Per questo essa è per noi “un segno di consolazione e di sicura speranza”, come dice il Messale; poiché “come tutti muoiono in Adamo” (cioè per la comune condizione umana) “così tutti riceveranno la vita in Cristo” (cf 2ª lettura).
Per questo oggi uniamo la nostra voce a quella di Maria per lodare Dio nella gioia: “L’anima mia magnifica il Signore...”. E uniamo le nostre voci fiduciose nell’antica ed essenziale supplica: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”. Amen»