Ci ha lasciati Graziella Godeas, sacrista del duomo di Gradisca
Dopo una breve malattia e successiva degenza presso Villa San Giusto a Gorizia, oggi, 30 agosto ha raggiunto la Casa del Padre Grazia Godeas, sacrista del duomo di Gradisca, all’età di 91 anni.
Nata il 12 gennaio 1920 in calle Maccari, ha vissuto successivamente in via Battisti (via Lunga), accanto alla chiesa dell’Addolorata e successivamente in via Bergamas, proprio di fronte al duomo.
Un reticolo del centro storico gradiscano che l’avrebbe vista protagonista per tutta una vita.
Ultima di quattro fratelli e sorelle, dopo aver frequentato le scuole, aveva lavorato per alcuni anni presso la fabbrica Smeriglio di via Gorizia, prima dell’avvento della guerra e del conseguente impiego in altre mansioni.
Il suo nome, però, è legato esclusivamente alla Chiesa di Gradisca da un rapporto lunghissimo, iniziato all’età di 16 anni collaborando con il padre Pietro Godeas che di mestiere faceva il sacrestano; incarico a sua volta ottenuto nel lontano 1936 da Antonio Sartori.
Per diversi anni collaborò alla gestione della principale chiesa gradiscana fin quando - alla morte del padre nel 1957 - dovette assumere in prima persona l’incarico di titolare, grazie ad una speciale concessione dell’arcivescovo monsignor Ambrosi.
Compito che ha mantenuto da quel giorno per ben 53 anni, sino agli ultimi mesi del 2010, con una costanza e una fedeltà difficilmente paragonabili.
Da allora aveva assunto l’onore e l’onere della cura delle chiese della parrocchia decanale: il duomo dei Santi Pietro e Paolo, la chiesa dell’Addolorata e la cappella di San Giovanni Battista e non c’era nulla che non passasse sotto il suo sguardo vigile e allo stesso tempo solerte.
La sua era una presenza che si faceva sentire, soprattutto quando di mezzo c’erano il decoro o il prestigio della Chiesa gradiscana, di cui si sentiva un’autentica custode; il suo ruolo di “capocoro” all’interno della corale del duomo ne era una testimonianza eloquente.
Tutti coloro che l’hanno conosciuta da vicino, siano sacerdoti o laici, ne conservano un ricordo.
Numerosi sono stati i parroci che ha servito: monsignor Carlo Stacul, monsignor Francesco Spessot, monsignor Luigi Cocco, monsignor Giuseppe Chinchella, don Igino Pasquali e don Maurizio Qualizza. Un elenco che testimonia da solo quasi un secolo di vita ecclesiale gradiscana, ma che non menziona anche i tanti cappellani che sono passati per Gradisca e che possono testimoniare anch’essi una vicinanza che diventava condivisione nei momenti di gioia e consiglio nei momenti più difficili del ministero.
Il suo carattere, a prima vista, era ispido e senza paraventi - specialmente di fronte ai “forestieri”- ma quando la conoscenza diventava più profonda allora quella iniziale asperità si trasformava in dialogo profondo, in capacità di essere accanto nei momenti della vita.
I collaboratori che condividevano con lei i “momenti forti” dell’anno liturgico ricordano bene quel carisma assai raro della riconoscenza, grazie al quale era impossibile fare rientro a casa senza ricevere un dono: una confezione di biscotti, delle caramelle… piccole cose che però dicevano molto.
Era un autentico “pozzo” da cui riaffioravano i racconti di un tempo, storie di celebrazioni, di processioni, vicende mai scontate che racchiudevano oltre all’ilarità - ingrediente che non mancava mai - quella saggezza popolare quantomai assente dalla nostra quotidianità., unita ad una fede profonda.
Entrando in Duomo mancherà quella presenza fissa, giorni feriali e festivi, intenta a riordinare, a bagnare i fiori, a lucidare, a tutte quelle mansioni che ha svolto, non senza fatica, sino all’ultimo intervallando il lavoro con un rimprovero, se qualcosa non riusciva secondo i suoi desideri, o con una delle sue proverbiali “battute” che non mancavano mai.
Nel 1992 era stata insignita dall’allora arcivescovo Padre Antonio Vitale Bommarco della croce “pro Ecclesia et Pontifice”, mentre nel 2006 aveva ricevuto la speciale benedizione di Papa Benedetto XVI .
In questi mesi di sofferta separazione dalla “sua” Gradisca, immancabile era un pensiero alle sue chiese e alle sue sacrestie e inesorabile scaturiva la domanda sulla loro situazione e se fosse ancora tutto in ordine.
Profondamente devota alla Vergine Addolorata è bello ricordarla quando, prima di chiudere la chiesa, rivolgeva un saluto o una preghiera davanti alla sua immagine.
Preghiera che la accomunava a generazioni di gradiscani, che davanti alla statua della Vergine Addolorata, da secoli sostano a invocare per la città protezione e aiuto.
Sarà proprio davanti a quell’effigie, trasportata in vista della sua festa in Duomo, che in molti si stringeranno assieme per un grazie alla famiglia Godeas - da 75 anni al servizio del Duomo - e per l’ultimo saluto a Graziella: una vita spesa interamente a servizio della Chiesa.
Andrea Nicolausig