È l’unico punto della città dal quale si possa ammirare ancora le tracce visibili e triangolari dell’ultimo rivellino della Fortezza. Un’area verde nascosta fra le pieghe del centro storico e ai piedi del torrione di San Giorgio, dal quale Gradisca dominava la campagna e si ergeva – era il 1479 - a baluardo della Serenissima contro le orde dei Turchi. Da ieri il giardino di Largo Porta Nuova è un gioiellino restituito alla città. Ed è significativamente intitolato ad un gradiscano illustre come il botanico e scrittore Leo Ferlan (Idria 1928-Bergamo 1951. Ma i significati del suo recupero non finiscono qui. “Speriamo – ha affermato il sindaco Tommasini – che questo giorno costituisca solo il primo tassello nel completamento della passeggiata lungo le mura venete”. Alla cerimonia inaugurale presenti il Prefetto di Gorizia, Marrosu, il presidente della Provincia Gherghetta, il sindaco di Cormòns Patat. L’assessore gradiscano alla Cultura, Bressan, ha vestito i panni di anfitrione spiegando come il torrione di San Giorgio sia uno dei 7 fortilizi che caratterizzavano le mura venete della città. Al suo interno inglobata la porta di Alemannia, che Leonardo da Vinci in persona volle far sparire nell’ottica di una riorganizzazione delle difese, che portò non a caso alla costruzione dell’ancora visibile Porta Nuova. “L’area oggi rivive grazie all’impegno delle maestranze comunali e dell’ufficio tecnico, ma questo giardino sarebbe sconosciuto ai più senza la segnalazione del cittadino Maurizio Gottardo” ha ribadito il sindaco. La voce di Luciana Beninati, responsabile della Biblioteca comunale, ha invece riportato alla luce – per la commozione della moglie e della figlia presenti alla cerimonia - la figura del botanico isontino Leo Ferlan attraverso la lettura dei suoi scritti. E in particolare di una lettera da Algeri, dove lo studioso si trovava per alcuni studi, e che tracciava non solo l’amore per la signora Miriam, ma anche quello per la sua amata e lontana terra gradiscana, descritta con un tratto altamente poetico al risveglio della primavera. Inevitabile, si diceva, anche un punto sull’annosa questione del definitivo recupero delle mura venete. A frenare il tutto, l’anomalia che un tratto delle fortificazioni sia di fatto proprietà privata. Da molti anni il Comune ha intavolato trattative per l’acquisizione di quel segmento (circa 100 metri fra il torrione di San Giorgio e il Macello), operazione che agevolerebbe la richiesta di finanziamento per un restyling più corposo.
Ultimo intervento quello del parroco di Gradisca don Maurizio Qualizza il quale invece di una non opportuna benedizione, ha tratto due inviti etici, da una parte questo recupero davvero bello, ha detto, ci invita a custodire il creato, a non piegarlo alle logiche efficientiste del nostro tempo che tutto vuol piegare a se stesso. Dall’altra lo sguardo che possiamo volgere al panorama da queste mura, costruire nel ‘400 per la difesa dai Turchi, ci richiama ad un oggi radicalmente diverso, quello non della difesa, del respingimento, ma dell’accoglienza e della solidarietà con un’umanità allo sbando che bussa alle porte dell’Europa, sarà solo un caso si è chiesto don Qualizza che agli antipodi di questo luogo ritrovato, della nostra Città di Gradisca, ci siano le strutture del Cie e del Cara che non smettono di interrogarci e di metterci a disagio?
L. M.