“Ci siamo sentiti abbandonati”. In località Saletti disperazione e rabbia sono più dirompenti della piena stessa che ha sconvolto in maniera indelebile il Natale del piccolo borgo gradiscano. Il giorno dopo la complessa evacuazione di 23 persone, molte delle quali anziane, nel “Salèt”, era già ora di ricominciare. Ieri i Vigili del fuoco hanno aiutato le sei famiglie sfollate a recuperare le cose essenziali, soprattutto medicinali. Per comprendere l’entità dei danni purtroppo vi sarà ancora tempo, visto che molte abitazioni erano ancora imprigionate dall’acqua. Ma intanto divampano le polemiche per come è stata gestita l’emergenza: “Ci hanno lasciati soli. Tutti gli sforzi sono stati concentrati sull’argine di via Lungh’Isonzo: qui neanche un sacchetto di sabbia. Ci hanno dato da subito per spacciati, meritavamo più rispetto”. Il Salet è da sempre teatro di esondazioni. Colpa di quella maledetta vicinanza fra l’Isonzo e la roggia dei Mulini, un minuscolo corso d’acqua che attraversa la golena. E che anzichè fare da valvola di sfogo del fiume in piena, ne diventa il più pericoloso degli alleati. Da anni si cercano soluzioni: ma una volta mancavano i soldi, e ora che ci sarebbero – il Piccolo ne ha parlato pochi giorni fa – manca il progetto. E così non si è andati oltre qualche lavoretto di pulizia degli argini. Il secondo non ce l’ha fatta a reggere. Di nuovo, come in centinaia di altre occasioni. “Ma questa volta è stato diverso. Vivo qui da sempre ma non ho visto niente di simile in tutta la mia vita” assicura Amedeo Marega, 88 anni fra pochi giorni. Il figlio Fabrizio ha gli occhi gonfi. E’ lui a farsi portavoce della protesta della gente del Salet: “E’ fuori discussione che si sia trattato di un fatto eccezionale – dice – ma non è che non ci fossero state avvisaglie. Già lunedì i campi erano allagati e continuava a piovere. L’escursione termica di trenta gradi e lo scioglimento della neve in montagna erano fatti previsti. E il giorno di Natale già alle 8 di mattina la gente ha dato l’allarme. Allora perchè non si è fatto niente per tentare almeno di arginare la situazione? Per la prima volta ho visto piangere mio padre – racconta ancora Marega, ex cestista di buon livello – mentre mia madre è stata imbragata e condotta via col mezzo anfibio dei pompieri. Ho provato a sfruttare la mia altezza per mettere in salvo medicinali e documenti, l’acqua era oltre il metro e ottanta. Ora come si fa a dire a queste persone che devono ricominciare alla loro età? Come pagheranno i danni con neanche 500 euro di pensione al mese? La verità – accusa ancora Marega - è che siamo stati trascurati. Si è agito in forze in via Lungh’Isonzo, dove le famiglie sono più numerose e più ricche, mentre questo borgo di pochi anziani e agricoltori è stato sacrificato per la causa. Non ci stiamo”. Due anziane sorelle, Bianca e Laura Martinis, sono le prime ad aver lanciato l’allarme. E le ultime ad andarsene, convinte solo dopo molte ore a vedersi strappare via dal Salet. Per loro una sistemazione in albergo, per tutti gli altri l’ospitalità dei parenti. Ma non è questa l’unica polemica il giorno dopo l’incubo-inondazione. Edoardo Tomadini, residente in via Lungh’Isonzo, si chiede “se un evento del genere farà cambiare idea a chi ha avvallato la costruzione di un elettrodotto interrato nelle aree golenali. Andare a scavare in quelle zone dopo quello che è successo vorrebbe dire rischiare di mutare un assetto idrogeologico che ha retto solo per miracolo. Sarebbe da incoscienti, con la natura non si scherza”. Intanto da palazzo Torriani per ora non commentano l’andamento delle operazioni. Scontato il ringraziamento a istituzioni, Protezione Civile e Vigili del Fuoco “per l’enorme sensibilità e professionalità”, le comunicazioni ufficiali saranno affidate a una conferenza stampa nei prossimi giorni. Si farà il punto sulla richiesta dello stato di calamità naturale ma verrà anche presentato un rapporto sul lavoro svolto sugli argini. Secondo indiscrezioni, se non avessero retto sarebbero state migliaia le persone a rischio sfollamento nella “zona bassa” della Fortezza.
Luigi Murciano