Lunedì 29 giugno in occasione della festa dei Santi patroni Pietro e Paolo verrà benedetta da mons. Ennio Tuni, che presiederà la Messa solenne in Duomo delle ore 19.00, una pala d'altare raffigurante San Giusto martire, patrono di Trieste.
L’opera è stata realizzata dall’artista Armando Marizza, che l'ha realizzata a soli 25 anni, come riportato nelle Note descrittive allegate in pdf.
Nel corso del tempo l’opera ha subìto un certo degrado e il suo restauro è stato realizzato dalla figlia Rita Marizza.
Il dipinto, così riportato alla sua bellezza originale, viene donato alla Parrocchia di Gradisca d’Isonzo, per volontà di Gianni e Rita, figli di Armando Marizza e in ricordo di Silvana Marizza, che ha tanto amato e servito la comunità.
BIOGRAFIA
ARMANDO MARIZZA nacque il 19 maggio 1921 da Guido Marizza (1890-1977), giardiniere e soldato austroungarico, e da Antonia Ritossa (1896-1987).
La madre voleva che il figlio Armando diventasse sacerdote e lo mandò a studiare nel Seminario di Gorizia; egli era studioso ma non completò gli studi religiosi poiché portato per le arti. Questa esperienza seminaristica comunque lo formò per sempre sia dal punto di vista umano che artistico.
Gli piacevano i moderni ritrovati della tecnica; con una macchina fotografica costruita da lui stesso utilizzando una vecchia scatola da scarpe aveva ottenuto delle foto splendide.
Si diplomò al Liceo Classico di Gorizia e all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Fu chiamato alle armi il 21 gennaio 1942 e arruolato nel 23° reggimento di fanteria “Como” di Gradisca. Dopo un anno dall’arruolamento, il 15 febbraio 1943, fu trasferito all’XI Battaglione d’istruzione e il 30 aprile dello stesso anno ottenne i galloni di caporale.
La resa incondizionata dell’8 settembre lo colse con il suo reparto a Porcari in Toscana. Il reparto, come tutto l’esercito italiano, si sbandò e l’Armando dopo mille peripezie ritornò a Gradisca. L’anno successivo entrò a far parte della resistenza cattolica.
Il 15 febbraio con altri sette partigiani venne rinchiuso prima a Gorizia, poi nella fortezza di Palmanova, dove subì anche tortura, infine nel Castello di Gradisca e venne liberato a guerra finita.
Nel 1947 conseguì l’abilitazione all’insegnamento artistico per le scuole medie e superiori e il 14 giugno 1947 sposò Silvana Alborghetti da cui ebbe i figli Gianni (1949) e Rita (1951).
Fu un insegnante stimato e apprezzato prima al Liceo scientifico di Monfalcone poi alle scuole Medie di Gradisca, Mariano, Fogliano e Cormons.
Fu attivo artisticamente in gioventù tanto da venir citato nel libro tedesco "Italienische Maler und Bildhauer" dove sono pubblicati due suoi quadri: “Magnolia” e “La studentessa”. Dipinse per tutta la vita con uno stile e una tavolozza puri e puliti. Ritrattista eccellente sapeva cogliere nello sguardo delle persone la loro essenza. Su commissione della Camera di commercio goriziana fece diversi ritratti di suoi Presidenti. Non limitava la sua arte solo alla pittura ma anche alla scultura e all’architettura. Infatti progettò nel '64 il monumento ai partigiani situato nel cimitero di Gradisca d’Isonzo che venne inaugurato nel '66 e nel ’71 il monumento ai Marinai dell'incrociatore Amalfi di Poggio Terz’Armata.
Le sue opere si trovano un po’ ovunque nel Friuli, alcune anche all’estero.
L’amico Antonio Carletto lo ha ricordato così in un convegno: “Fu sempre fedele ai suoi ideali: la parrocchia, il paese, la friulanità, l’amore per sua madre (che veniva dall’Istria). Ciò che spiccava in lui era la cordialità, l’apertura immediata con tutti. Godette la stima di ognuno che lo incontrava, e non dovette mai ripagare amicizie e simpatie con cedimenti del suo stile fatto di pulizia interiore. Non ci teneva alle tessere, aveva bisogno di uno spazio tutto suo, non per atteggiamento di fronda ma per ricchezza interiore. In ogni ambiente in cui entrava, lo riempiva di sé”.
Quando gli commissionavano un’opera d’arte, preferiva regalarla o chiedere un compenso simbolico piuttosto che lucrare ingenti somme di denaro, come altri avrebbero fatto al suo posto.
Questo suo atteggiamento era talmente risaputo che alle sue esequie, nel 1986, l’officiante disse:
“Non fece mai mercato della sua arte”.