È tempo di bilanci… in quest’anno che si chiude con questa Messa del Te Deum, ci viene spontaneo ripensare ai momenti più importanti che abbiamo vissuto in questi dodici mesi, le gioie gustate e le sofferenze provate, gli obiettivi raggiunti e i desideri ormai abbandonati. Un bilancio è utile non solo per soppesare il passato, ma per prendere le decisioni più sagge riguardo al futuro, per porci correttamente davanti al nuovo anno che ci si apre davanti. Ma come fare questo bilancio? Con quali criteri?
Certo, sempre in ascolto della Parola di Dio e della storia con un religioso discernimento.
Ed è significativo che questa Messa di fine anno si celebri nell'ottava del Natale, cioè nel clima e nella prospettiva dell’Incarnazione e termini sempre, com’è tradizione, con il Te Deum. Quell’inno di ringraziamento che inizia con la gioia dicendo: "Noi ti lodiamo Dio, ti proclamiamo, Signore." e termina sul tono della fiducia: "Tu, o Dio, sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno."
Quale che sia stato l'andamento dell'anno – facile o difficile, arido o ricco di frutti – al termine, invariabilmente, noi rendiamo grazie a Dio. Perché? Perché nonostante tutto, il Te Deum ci dice che c’è una saggezza profonda, quella che ci fa dire che, nonostante tutto, c'è del bene nel mondo; e che il bene prevale sul male; e che il bene è destinato a vincere, che il Signore con il suo amore ci darà la forza di andare avanti! Perché se è vero, come dice quel proverbio africano che un albero che cade fa rumore, è ancor più vero che una foresta che cresce nel silenzio dà ossigeno, cioè dà vita!
Ed è questa anche una liturgia di benedizione, abbiamo cioè bisogno di benedire il Signore e della benedizione del Signore di quella sua tenerezza che ci salva direbbe Papa Francesco.
Sentiamo su noi allora stasera quelle parole udite nella prima lettura: ”Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.
Certo è che la crisi economica e finanziaria che ormai è diventata sempre più pesante rende sempre più difficoltosa la realtà, la vita quotidiana di tante famiglie. Come Caritas facciamo tutto quello che possiamo, ma c’è una crisi di speranza, di umanità, e per questo ci vorrebbero più persone disposte ad accompagnare certe situazioni, con delicatezza, rispetto e amicizia, ma c’è bisogno di formarsi insieme, di camminare insieme. Gli studiosi dicono che dovremo abituarci a vivere sotto il segno del “meno”… prodotti, ricchezza, consumi ecc. Ma dovremmo attrezzarci per vivere sotto il segno del “più”… di amore, comprensione, misericordia, amicizia, solidarietà! Ma non meno di quella fiducia che è la fede del nostro padre Abramo, perché la nostra è anzitutto una crisi dell’uomo, di fede, una povertà etica che rende possibile tutto, tutto il male e l’egoismo, la corruzione che vediamo!
Quest’anno abbiamo avuto il regalo di accogliere come novello sacerdote don Giulio, una forza sacerdotale che è molto preziosa per la parrocchia, pur sapendo che nella pentola della Diocesi bollono tante cose per la difficoltà di sostenere ormai tutte le parrocchie così come si è fatto fino adesso…c’è una forte esigenza di cambiare modo di vivere la pastorale, pena l’insignificanza, ma il futuro è nelle mani di Dio.
Nello stesso tempo domenica scorsa abbiamo salutato e ringraziato il diacono Renato e la sua famiglia per la conclusione del suo lungo e fecondo servizio a San Valeriano. Si apre ora per San Valeriano un nuovo tempo nel quale la comunità deve ridiventare protagonista della sua vita, prendersi carico, responsabilità della sua Chiesa, degli altri spazi per una pastorale di comunione assieme alla parrocchia del Duomo, formanti ambedue l’unica Unità Pastorale.
Ma siamo giunti alla fine anche di un anno tribolato, che ha ferito due famiglie e la comunità con due grandi sofferenze, la prima con la scomparsa di Federico, la seconda con quella di Valentina, questo ci fa dire, soprattutto nei confronti dei giovani che la vita è un grande valore, che bisogna prestare attenzione, curarla, amarla, ma d’altra parte che tutti dobbiamo essere responsabili, attenti, custodire la vita degli altri.
L’amore di Dio ci rende figli e fratelli per cui ci ha detto l’apostolo nella seconda lettura possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo Abbà! Padre! Ma di conseguenza sentendo come nostre le tribolazioni di tante famiglie, rendendoci presenti in qualche modo, anche una parola, una visita, una telefonata, un esserci, perché il non ignorare...è prezioso agli occhi di chi soffre.
E del Vangelo di Luca mi piace sottolineare l’atteggiamento dei pastori:
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
Voglio dire che come comunità siamo chiamati ad andare senza indugio dove si manifesta il mistero di Dio, certo non troveremo Maria e Giuseppe, ma persone che ci riscalderanno il cuore, così non poche persone sono venute anche quest’anno a farci visita in comunità, Lucia Fratta di Avezzano, don Samuele da Fiesole e prima ancora Renato Brucoli, già portavoce e amico di don Tonino Bello, dalla Puglia, ultimamente in Avvento dalla diocesi di Udine, don Federico Grosso, don Luigi Gloazzo, Emanuela Vanzan e altri, ma noi…..? Noi a differenza dei pastori abbiamo indugiato e abbiamo perso un’occasione che non si ripeterà…
Un domani, che è già presente per confrontarci e convivere con altri modi di pensare e se volete con altre religioni, dovremo avere non una religione di tradizione ma di convinzione e questa la si costruisce con il tempo, le occasioni, non in altro modo…
Accanto alla costruzione della comunità, della Chiesa fatta di pietre vive, come dice l’apostolo Pietro, e che è un fatto quotidiano, ci resta l’impegno concreto di affrontare i lavori di una chiesa fatta di pietre antiche, del Quattrocento, l’Addolorata, la casa di Maria! Con il contributo di tutti ce la faremo, anche se i tempi sono difficili, questa Chiesa ci è stata donata, ci è stata trasmessa dai nostri Padri, abbiamo il dovere di trasmetterla a chi verrà, alle generazioni future…fin da stasera lo potremo fare prima di uscire di Chiesa, in seguito ci inventeremo anche tante iniziative per questo scopo.
Ma vogliamo andare avanti con speranza, per questo alla fine del Te deum canteremo: "In Te Domine speravi; non confundar in aeternum." Tu Signore sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno. Nutriamoci di questa speranza e manifestiamo una grande riconoscenza verso papa Francesco per il messaggio di fiducia e speranza che ha impresso nel Sinodo per la famiglia, soprattutto per le famiglie ferite e per il richiamo che ci ha fatto per la prossima Giornata del Capodanno…dove ha detto: ”Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?”. La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, chiediamo al Signore che ci dia la forza di farlo anche per l’anno nuovo. Amen