In più occasioni Papa Francesco ha espresso tre “parole–chiave” che sono non solo un modo per rafforzare la famiglia, ma prima di tutto una struttura della persona che è inserita in una famiglia e che andrà a formare una famiglia.
Dunque fin dall’infanzia queste tre parole devono essere usate e praticate. Quale figlio dice più “permesso”, alzandosi da tavola? O “grazie” nel ricevere il pasto? Questo alle persone che si vedono, con le quali si vive, immaginiamoci con Chi non si vede, Dio! Accanto all’educazione alla fede, che è il fine della catechesi, c’è anche un’educazione di base, umana da riproporre, a volte da rifondare. Queste realtà sottostanno anche alla liturgia vissuta sabato scorso dai bambini del catechismo nel vivere, con semplicità, il “grazie” per i doni , i frutti della terra che il Signore ci dona con il creato e grazie al lavoro dell’uomo.
E’ importantissimo educare il bambino alla percezione grata di quanto ha ricevuto e continua a ricevere in modo immeritato dalla vita; per questo è fondamentale l'educazione alla riconoscenza.
Imparare a dire "grazie" è tutt'altro che pura convenzione sociale che il bambino buono deve apprendere, per poi esibire - da bambino educato, ad esempio il giorno del compleanno dinanzi ai regali….
Il grazie sgorga spontaneo in chi contempla il mistero della vita, e determina a sua volta immediatamente la volontà decisa di rispondere in modo coerente al dono ricevuto, ovvero di passare dalla gratitudine alla gratuità, il dovere di dire “grazie” nasce dall’amore, dalla scoperta di essere stato amato.
L’amore rende sempre coscienti di quanto dobbiamo alla vita, all’Altro. Non è solo buona educazione.