INTERVISTA rilasciata dal parroco di Gradisca don Maurizio Qualizza al settimanale diocesano Voce Isontina
- Di accoglienza si parla molto nella Lettera Pastorale di quest'anno: come affrontarla, farla comprendere come tematica all'interno di una parrocchia?
Credo che tutti, ormai, abbiamo chiaro che l’accoglienza è la componente determinante all’interno delle dinamiche delle relazioni interpersonali, in generale, oserei dire diventa obbligatoria nell’ambito della vita ecclesiale e parrocchiale. Cosa fare per riscoprire e valorizzare la qualità delle relazioni, l’importanza dell’ascolto, la necessità di far sentire a proprio agio, accolto, e importante colui che si incontra? Non sarà facile far passare il messaggio, ma bisognerà pur cominciare o proseguire, con costanza a intensificare i momenti di incontro di confronto, fra noi parroci e operatori pastorali in primis, per prendere atto che il messaggio cristiano oggi, può essere veicolato e reso credibile solo attraverso quell’apertura a tutti che il Papa sottolinea sempre e che anche il nostro vescovo ha più volte evidenzia nella sua lettera pastorale. In verità sull’accoglienza delle famiglie e in famiglia c’erano già delle intenzioni concrete prima dell’uscita della lettera del Vescovo e questo grazie alla sensibilità di singoli e di gruppi di adulti che sono, con il loro carisma, una vera ricchezza per la Parrocchia. Confidiamo comunque nella buona volontà di tutti e nell’azione dello Spirito santo, bisogna essere aperti alle sorprese e alle novità di dio come ha richiamato anche nel recente Sinodo Papa Francesco.
- Come porsi nei confronti delle nuove famiglie e delle nuove persone che entrano in una realtà parrocchiale?
Domanda da dieci e lode! Se è difficile creare rapporti con chi si conosce, figuriamoci con le famiglie e le nuove realtà emergenti, che si possono avvicinare solo con molta discrezione e rispetto, senza dare l’impressione di aver e intenzioni recondite di “intruppamenti” qualsiasi. Per ora a livello parrocchiale, tentiamo di promuovere incontri, anche conviviali, soprattutto con le famiglie, quelle che siamo soliti definire “regolari”, ma anche con quelle che, a causa di motivi vari, vivono situazioni di sofferenza e di disagio e hanno l’impressione di essere emarginate dalla Chiesa e soprattutto, da Dio! (E qui sta il potere del saper accogliere, per sfatare un’idea che si è consolidata nel tempo). C’é poi, in comunione con il parroco, il Vicario, i diaconi e i catechisti che, attraverso le preparazioni ai battesimi, cresime ecc. contattano personalmente le famiglie e danno vita a legami interpersonali che avvicinano le persone alla comunità e danno inizio a un dialogo e ad un’apertura fiduciosa che è la premessa per l’annuncio dell’amore di Dio e della sua misericordia in modo credibile e gioioso. Sì, “gioioso” perché scoprire che Dio nel suo Figlio Gesù Cristo ha aperto le braccia a tutti, sulla croce, senza chiedere niente e dando tutto riempie il cuore di gioia. E, qualche volta, per grazia di Dio ci è capitato di vederlo concretamente nelle persone avvicinate e questo fatto ci ha incoraggiati e confermati.
- Quali passi muovere per accoglierli? Meglio "da soli" come parroci o meglio "insieme" come comunità?
In casa, cioè in parrocchia, il “pass” c’è l’ha ancora il parroco ma intorno a lui, come già detto, c’è tuta una rete di “aiuti” che permettono di arrivare anche là, dove il parroco o semplicemente il sacerdote, da solo, non potrebbe mai arrivare. Insieme, studiamo e sfruttiamo tutte le occasioni per entrare in dialogo con tutti, soprattutto con le nuove realtà famigliari e individuali che frequentano la Chiesa (santa messa, celebrazioni ecc. ) nell’anonimato, stando magari in fondo, quasi timorosi di disturbare. Qui, l’accoglienza attuata con dovuto garbo e con costanza, dà risultati inaspettati. Certo, occorre inventare nuove strategie e non improvvisare, perché se la relazione è soprattutto un fatto di cuore, richiede anche specifiche competenze di ascolto, di risposta, e comunque di approccio “intelligente” alla generazione d’oggi che, contro ogni apparenza, attende più che mai una parola di speranza e un annuncio di salvezza e di gioia.
- Qual’é la realtà della sua parrocchia? Ci sono nuove famiglie o nuove persone? Cosa avete fatto per accoglierle?
La situazione nella mia parrocchia credo, non differisca molto da tutte le altre. Le nuove realtà familiari e le nuove presenze nel tessuto gradiscano, sono più numerose di quanto si possa pensare. C’è comunque un vistoso tour nower. Come parroco, vorrei poter incontrare tutti e ognuno, ma le difficoltà sono da entrambi le parti: per il parroco c’è il problema dei suoi vari impegni, dei tempi e degli orari; per le famiglie, sempre più stressate e in corsa per star dietro a tutte le “cose” del vivere della società d’oggi che sembra diventata la signora del tempo, altrettanto. Dobbiamo aiutarci, ed e aiutare, a riappropriarci del tempo, del “nostro tempo”, per poter ridare il giusto valore ai rapporti umani ed affettivi e per dare all’anima il suo giusto respiro…che è il respiro di Dio, il soffio vitale del suo spirito. Abbiamo tanta voglia di fare, tanto desiderio di portare questo respiro nelle famiglie, tanta sofferenza nel trovarci incapaci di farlo… ma ora più che mai sentiamo di doverci impegnare d oltranza, in questa direzione, facendo riferimento, anche, a quel modello di accoglienza che è Abramo. Arrivano dei pellegrini, non sa chi sono e non gli interessa di saperlo, ma sa che l’ospitalità è sacra e li accoglie li invita con insistenza e garbo, li fa sentire importanti, li serve e gioisce della loro presenza…dato che le domande sono state sull’accoglienza e sulla famiglia, cercheremo di scoprire quest’anno una bella e preziosa figura di testimone del Vangelo, Santa Gianna Beretta Molla, madre di famiglia, innamorata di essa e donna accogliente, le abbiamo già dedicato lo scorso fine settimana, credo che intercederà per noi.