“La vostra esperienza di migranti andrebbe presa a modello e portata ad esempio”. Ha scelto queste parole, il presidente della Regione Renzo Tondo, per salutare i convenuti al sesto raduno internazionale dell’ente Friuli nel Mondo. Un evento che per due giorni ha fatto di Gradisca la capitale della “patria senza confini”, in cui si sono incontrati friulani di prima, seconda e terza generazione colorando la località isontina con tanto folklore ma anche con la consapevolezza che il “sistema Friuli” non si esaurisce in questa regione, ma si estende in ogni angolo del globo lasciando aperte, nell’era della comunicazione globale, impareggiabili possibilità di sviluppo sociali, culturali ed economiche. Hanno raggiunto la cittadina della Fortezza 1200 persone, in rappresentanza di ben 72 “fogolàrs” da 19 Paesi di tutti e cinque i continenti. Addirittura 47 quelli provenienti dall’estero: Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cina (uno dei più recenti), Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Olanda, Perù, Romania, Sudafrica, Spagna, Usa, Svizzera, Venezuela e Ungheria, oltre ai 25 giunti da tutta Italia e ai 23 “fogolàrs” che hanno seguito da casa la diretta web. La giornata era iniziata al mattino, con la deposizione di una corona al monumento dei Caduti nel parco della Rotonda, ed era proseguita nella chiesa dell’Addolorata con una suggestiva funzione in lingua friulana (in cui la cappella vocale maschile di Farra ha eseguito la messa solenne di Cecilia Seghizzi) concelebrata dal parroco di Gradisca don Maurizio Qualizza, di Lucinico don Valter Milocco e dall’assistente spirituale del Fogolàr di Verona. Molto sentita e incisiva l’omelia del sacerdote gradiscano: “L’è fazil dismantea i patimenz da emigraziòn, specie mi par di ve capit li ultimis generazions, ches da valise elettroniche disin che za la tiarza generazion no gi interessa plui di tant dal Friul. Ma poiassi sol su li robis che si tocin, che si viodin che si gjoldin, no dà futur. Il Fogolar l’è la base di dut, che se no jè, nuja pol stà in pis, la famea, il fogolar familiar. Il vescul padovàn che a Udin si l’è fat furlàn, no si l’è mai stracat di sberlà, ancja in dì di ué che il Friul l’è stat ricostruit, che li ciasis si tornin a tirà su, ma se ven il taramòt ta famea, no si tira su plui nuja……….. sirin, come sai che vualtris za fasesu, - lui ai sintut ieri tal convegni- sirin di tegnì adun chista perla, chist valor, la famea, la fede, l’amor pa vita, servì la pas. Chist ciatasi insieme si fas a Gardiscja – ha affermato don Qualizza - non a cas……ca vin il Centro immigrati…il nestri pais, jà dovut subì la presinza di chista struttura che l’è lada via via doventant una ciossa par tanc simpriplui incomprensibil pa mancjanza di una filosofia che meti al centro la persona, e cusìì dentri chei murs ancja se jan il cellular, il calcetto e mangin forsi ben, si consume un dolor che l’è non sol chel da lontananza da propriis radriis, ma l’è il no jessi calcolaz personis, forsi no saludàs pa strade, lassas cussì a fa nuje parzé mancja un progjet”. Don Qualizza ha quindi proseguito in lingua italiana: “Il Friuli potrebbe oggi davvero dare un segno, valorizzando tutti i fogolârs, ma contraccambiando con la solidarietà per quello che un tempo ha ricevuto o anche per quello che non avesse ricevuto, perché la storia deve sempre insegnare a crescere in umanità e in civiltà. Benedetto XVI ci richiama costantemente "a principi di giustizia nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità di sviluppo di fronte al premere delle disuguaglianze e della povertà, al persistere e al riprodursi, in tormentate regioni, di condizioni di guerra e di estrema sofferenza e umiliazione", parla di un allarme razzismo che è sempre dietro l’angolo e ci ricorda che aver presenti e perseguire questi obiettivi fa crescere la società e porta la gioia”. In una via Ciotti vestita a festa sono stati i Danzerini di Lucinico ad animare la mattinata, prima del saluto delle autorità alla Spianata. Qui è ripreso il tema del confronto fra l’esperienza migratoria friulana e l’odierno flusso di immigrazione che coinvolge il nostro Paese. Orgoglioso il sindaco di Gradisca, Franco Tommasini “La cittadina ieri ha visto emigrare tanti suoi figli che oggi idealmente riabbraccia, mentre oggi è in prima linea nell’accoglienza di tanti immigrati” Sul palco anche il presidente del Consiglio regionale, Eduard Ballaman (“Guai a confondere la clandestinità con la vostra esperienza di emigranti rispettosi delle regole” ha rimarcato fra gli applausi), i presidenti delle Province di Gorizia e Udine, Enrico Gherghetta e Pietro Fontanini, il vicepresidente di Pordenone, Eligio Grizzo. Atteso l’intervento del governatore Renzo Tondo: “Nessuno può scordare quanto importanti siano stati i contributi di ogni tipo che i friulani nel mondo hanno dato alla ricostruzione del Friuli dopo il sisma. Sono i valori che ci hanno legato, la solidarietà e il senso di comunità. Non voglio entrare nella polemica che spesso assume toni esagerati - ha commentato - ma faremmo bene a ricordare che quella dei nostri corregionali è stata un'emigrazione che ha rispettato le leggi e le norme dei paesi ospitanti, le loro culture e le loro condizioni. A chi viene da noi, chiediamo solo questo, il buon senso che hanno dimostrato in tutti questi anni i friulani all'estero" Dopo i discorsi ufficiali, il grande pranzo conviviale nella tensostruttura allestita in piazza Unità, che ha permesso agli emigranti di raccontarsi, di riabbracciarsi, di confrontare le proprie storie e condividere le speranze per il futuro. A servire l’eccezionale comitiva da 1200 coperti un noto ristorante di Codroipo, che ha festeggiato i conterranei provenienti dall’estero con un menù rigorosamente “made in Friuli”: prosciutto di manzo, rucola e grana, risotto “cun la luiànie” e ravioli con crema di Montasio, stinco di vitello con patate arrosto e lardo di muso di maiale con fagiolini, il tutto ovviamente innaffiato dai migliori vini di una terra senza confini.
Luigi Murciano