Non è un caso che la VI^ Convention dei Friulani nel Mondo si tenga a Gradisca d’Isonzo, l’evento infatti parla sempre di un’emigrazione avvenuta nel tempo e che si perpetua per generazioni nella memoria, nel bisogno di ricordare, celebrare, ritrovarsi e ri-vedere i luoghi delle origini, gustare anche se per pochi giorni le proprie radici. Ma stavolta parla e si celebra in una città che ha dovuto subire la presenza di un Centro immigrati che è andato via via trasformandosi in qualcosa, per molti, di sempre più incomprensibile per la mancanza di un’idea guida o di un progetto che metta al centro la persona.
Anche la grande emigrazione avvenuta in Italia nei secoli XIX e XX hanno avuto come punto d'origine la diffusa povertà di vaste zone dell'Italia e la voglia di riscatto d'intere fasce della popolazione, all’emigrazione odierna si aggiungono i fattori di tante guerre dimenticate, specie in Africa, di dittature, persecuzioni, senza contare l’imperante colonialismo che sotto altre vesti è ancora molto forte sul continente nero, impoverendolo in modo drammatico. Questo continente tanto vilipeso subì anch’esso la nostra immigrazione verso gli inizi del XIX secolo e proprio da quelle regioni, i cui abitanti, incontriamo oggi, sempre più numerosi, per le nostre contrade. Certo si è fatto anche del bene, forse non lo fanno tante persone, volti, storie umane che qui fanno lavori che nessuno vuole più fare, o che travasano affetto e attenzioni forse proprie solo dei legami di sangue, verso un pianeta, quello degli anziani sempre più abbandonato a se stesso proprio dentro le mura domestiche? Se questa festa aiutasse a prendere coscienza su queste emergenze della nostra storia presente, sul dovere della solidarietà, certamente unito alla giustizia, alla sicurezza, al rispetto delle leggi, allora sarebbe già un grande passo, perché la nostra emigrazione portò via oltre due terzi della popolazione italiana, (si parla di 24 milioni di persone) questo non succede certo oggi in maniera così eclatante per i paesi citati, anche se ogni giorno ci viene impresso un marcato ed esagerato allarmismo. Il Friuli potrebbe oggi davvero dare un segno, valorizzando tutti i fogolârs, ma contraccambiando con la solidarietà per quello che un tempo ha ricevuto o anche per quello che non avesse ricevuto, perché la storia deve sempre insegnare a crescere in umanità e in civiltà. Benedetto XVI ci richiama costantemente "a principi di giustizia nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità di sviluppo di fronte al premere delle disuguaglianze e della povertà, al persistere e al riprodursi, in tormentate regioni, di condizioni di guerra e di estrema sofferenza e umiliazione", parla di un allarme razzismo che è sempre dietro l’angolo e ci ricorda che aver presenti e perseguire questi obiettivi fa crescere la società e porta la gioia. Il "rispetto della dignità umana in tutte le sue forme e in tutti i luoghi" implica più che mai "la coscienza e la pratica della solidarietà, cui non possono restare estranee, anche dinanzi alle questioni più complesse, come quella delle migrazioni verso l'Europa, le responsabilità e le scelte dei governi", ci ricorda lo stesso pontefice, sentinella sempre vigile su quei segnali sempre più preoccupanti che si affacciano in modo sempre più numeroso e virulento. Solo con una globalizzazione della solidarietà, in una “convivialità delle differenze” come amava dire e soprattutto praticare con stile personale don Tonino Bello, potrà garantire al Friuli un futuro per i fogolârs che sono innanzitutto, come non si è mai stancato di testimoniare il Vescovo del terremoto, monsignor Battisti, la propria famiglia, le famiglie del nostro Friuli.
Benvenuti a tutti!
Don Maurizio Qualizza, parroco di Gradisca d’Isonzo