Domenica scorsa nel Duomo di Gradisca
Tornare alle proprie radici, riscoprire il valore ed il senso di gesti dimenticati, percepire la presenza di un Pedagogo che ama alla follia il proprio discepolo, che lo prende per mano, per condurlo lungo i sentieri della vita, che sta sempre al passo con lui, che non forza le tappe, attento e discreto, pronto a rialzare nelle cadute e a spronare nel dubbio, che non si lascia mai andare allo scontato e non cede alle tentazioni di frasi fatte; che ai discorsi preconfezionati preferisce la ricerca della novità, in quello stile “maieutico” che fa sì che ognuno possa “partorire” dal suo sé, quello che è e che è chiamato ad essere….Questo è, oggi, uno dei compiti più urgenti della Chiesa, il cammino che ogni cristiano è chiamato a fare, per uscire dall’idea di un cristianesimo faticoso e pesante e entrare nell’ottica di un EVENTO che ha cambiato la storia e può dare alla vita dell’uomo la leggerezza e la gioia di chi si sente SALVATO.
In un’epoca come la nostra, nella quale la parola “conformità” la fa da padrona, il differenziarsi diventa lotta contro le proprie comodità e contro i modelli ormai sedimentati; diventa un’operazione alchemica nella quale ciascuno è chiamato a lasciarsi interrogare e a interrogarsi, perché la fantasia e la creatività prendano il volo, è il recuperare quel sano senso critico che i nuovi sofisti ci sottraggono ogni giorno; è la fatica di armarsi di vanga e rastrello (leggi: scrutare la Parola di Dio, dare il giusto senso ai gesti liturgici, vivere il significato profondo dei Sacramenti e della preghiera, rispolverare la sapienza de Padri della Chiesa….) per scrostare, raspare, ripulire e riportare alla luce quel tesoro sepolto nei secoli sotto un cumulo di detriti, che è la Fede, che è quel Kerygma risuonato circa duemila anni fa, di bocca in bocca e che non ha perso né smalto, né splendore, malgrado il surplus che nel tempo li ha ricoperti.
Riportare alla luce questo tesoro, è tornare con la mente e con il cuore a quella Chiesa delle origini che, ben lungi dall’essere perfetta, anzi “ricca” di difficoltà e incoerenze, ha cercato instancabilmente di dare un senso ad ogni parola, ad ogni gesto, ad ogni “consegna” di quell’Uomo, figlio di Dio, che è passato dentro il tunnel nero della morte, inondandolo della sua luce, perché potessimo vivere da Redenti e morire da Vittoriosi.
Allora il rito, celebrato in Duomo a Gradisca, la scorsa domenica, con quella perla preziosa dell’incontro di Gesù con la Samaritana, ha assunto il valore di una catechesi, visiva, uditiva ed emotiva, immenso.
Sara, catecumena adulta, che sta completando il suo cammino di preparazione al Battesimo (che riceverà la notte di Pasqua) si è preparata a questo rito, con serietà ed entusiasmo e sta vivendo la gioia di chi ha scoperto l’amore di Dio, lo stupore di essere suo figlio, l’AMATO!, e l’incredulità, quasi, di essere stato atteso da sempre, con la pazienza che solo chi ama veramente sa esercitare.
Oggi Sara, attraverso il rito, semplice ma carico di significato, dell’Elezione, ha sperimentato la sollecitudine materna della Chiesa, che la sta conducendo lungo i sentieri della Fede e della conoscenza di Dio, di Gesù e dello Spirito Santo, portata per mano dai catechisti e dai Padrini che si rendono garanti della sua crescita cristiana. “Ritenete, davanti a Dio, questa candidata degna di essere ammessa ai Sacramenti dell’Iniziazione cristiana?” ha chiesto il celebrante. E dai catechisti e padrini è uscito un SI’ deciso, così come, con commozione e decisione, Sara ha confermato con un “SI’, lo voglio” il suo desiderio di ricevere i Sacramenti suddetti. Ma il momento più forte e significativo è stato quel “Rendiamo grazie a Dio” proclamato da tutta l’assemblea, perché ha evidenziato che il Battesimo non è un fatto privato; che la Comunità tutta è coinvolta e interpellata; che i catechisti non sono “mine vaganti”, ma sono innestati nella loro comunità, in nome della quale operano e senza la quale non sono credibili; che il catecumeno, in questo caso SARA, è una persona dai connotati precisi, che aspira ad entrare a far parte della grande famiglia dei battezzati, dei reinseriti, cioè, nel Corpo di Cristo ed accolti nell’abbraccio della Madre Chiesa.
Non a caso Papa Francesco ha dedicato più di una catechesi al Battesimo e per sottolineare il valore, con la semplicità efficace che gli è propria, ha invitato i cristiani a “riattualizzarlo” nella loro vita, facendo memoria di quel benedetto giorno, magari ricordandosi di coltivare quel piccolo seme di Vita Eterna che, spesso dimenticato, attende di poter divenire fecondo.
Sara oggi si sente più forte e più motivata: sa di non essere sola; sente che c’è una Comunità, la sua Comunità! , che aspetta con lei, che la sostiene con la preghiera e con il pensiero. Perché il pensare qualcuno, è già fargli un po’ di spazio nel nostro cuore; perché vivere insieme l’attesa è riscoprire il piacere e l’ansia di contare i giorni che ci separano da “quel” giorno, superando l’assuefazione al “tutto e subito”, che toglie alla vita il gusto di sognare; perché prendere, o riprendere, coscienza della nostra figliolanza con Dio e della conseguente fraternità fra tutti noi in Cristo, vale più di tutto l’oro del mondo. Recita il Salmo 83: “Stare un giorno, Signore, nei tuoi atri, vale più che mille altrove…Stare sulla soglia della tua casa, é meglio che abitare nei palazzi dei potenti”.
Alfreda Molli