Giornata particolare quella del Capodanno per l’Arcivescovo di Gorizia mons. Redaelli, il direttore della Caritas diocesana don Zuttion e il parroco di Gradisca don Qualizza, accompagnati dalle autorità civili e militari della cittadina isontina.
La mèta era il C.A.R.A., la struttura di accoglienza per i richiedenti asilo di via Udine. La visita ha permesso, con la guida della direttrice dell’Istituto di avere una dettagliata spiegazione della vita dello stesso e di incontrare i tanti ospiti presenti, persone tranquille e pazienti nonostante una vita monotona e di eterna attesa. Mentre in una saletta c’è stato lo scambio di auguri e il breve discorso del Vescovo in lingua inglese e francese, dove ha richiamato la dignità della persona umana e il diritto alla libertà e alla pace dentro un’ottica di fraternità, si udiva poco lontano la preghiera islamica di alcuni ospiti.
L’incontro si è svolto in un clima di grande cordialità con l’unico handicap della lingua che non permetteva di comunicare e il desiderio specie nelle persone ospitate nella struttura era visibile negli occhi.
Chi scrive, con gli altri della “delegazione” ha vissuto, anche se solo per un paio d’ore, ciò che Papa Francesco ha inviato al mondo nel suo messaggio per la 47^ giornata mondiale della pace, discorso incentrato sulla fraternità e solidarietà, come dimensione essenziale dell’uomo. Il Papa invita tutti gli uomini a “globalizzare” la fraternità, perché la semplice “globalizzazione ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” .
L’appuntamento voluto dall’Arcivescovo si è inserito nel più vasto ambito di incontri che il presule ha avuto in queste settimane con il mondo della sofferenza e dell'esclusione sociale dell'Isontino. Testimoniare e vivere il Natale certo contemplando e accogliendo il Verbo fatto carne, il Dio con noi, il Bambino, ma anche con l’essere quel messaggero di "buone notizie" e nella semplicità abbiamo colto nei sorrisi, sguardi e strette di mano con i nostri fratelli migranti la gioia di non sentirsi esclusi ma “inclusi”.
Il pranzo comune nella mensa, semplice ma davvero buono è stato un ulteriore segno dello stare insieme e il caffè che uno degli emigrati ha voluto offrire a noi ospiti è stato apprezzato come una conferma del Vangelo che davvero sono i poveri a dare e che è più quello che abbiamo ricevuto che non quello che abbiamo portato, la nostra presenza e i panettoni.