Leggevo oggi un bellissimo articolo di Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera che ritengo lucido e coraggioso, sulla drammatica situazione in cui versa l’Italia oggi e che mi dà lo stimolo di scrivere questa lettera.
Un moralismo sempre più esasperante che ha ormai raggiunto altissimi livelli di aggressività, ritiene che la colpa del disastro sociale che stiamo vivendo sia sempre colpa di altri. “E’ un grido, un giudizio intimidatorio, che ha solo effetto di dividere, di impedire quel minimo di accordo generale sulle responsabilità passate e perciò sulle decisioni audaci di cui c’è tanto bisogno”. Sembra quasi che se qualsiasi discorso diciamo o qualsiasi cosa facciamo bisogna partire sempre da un forte pregiudizio che sappia innalzare il proprio odio come un sacrificio ad un idolo.
Invece c’è un grido che non riusciamo a intercettare e che è sempre più forte nel nostro tessuto sociale che dovrebbe inquietarci da non dormire la notte , da poter dire veramente basta, alzare le braccia al cielo in senso di resa e di abbandono verso chi invece non smette di amare e sperare veramente nell’uomo.
Dice Papa Francesco che i giovani senza speranza e i vecchi soli sono i mali del mondo. Lo ascoltiamo questo grido? Cosa stiamo facendo affinché questo male venga allontanato dalla nostra vita, dalle nostre comunità. Ma pensiamo veramente che la cosa più importante sia accusare gli altri in modo da poter rimanere attaccati alle nostre piccole fette di potere che noi riteniamo di meritare giustamente?
I giovani in particolare hanno bisogno di recuperare un interiorità e una profondità che gli permetta di poter volare e cambiare questo mondo. Questi infatti oggi sono molto più sinceri e genuini rispetto a una volta, sanno riconoscere immediatamente se la proposta che gli viene fatta parta dal cuore o invece sia ipocrita. Sanno metterti in discussione, mandarti in crisi, perché molte volte le proposte che si pensavano adatte a loro invece appaiano ai loro occhi prive di significato.
I giovani di oggi con uno sguardo distratto sono capaci di riconoscere in un istante la verità e la bellezza, il guaio è che di fronte gli viene spesso mostrato relativismo e tanto protagonismo. Ho visto che quando si accorgono che nello sguardo di una persona c’è quella luce che rimanda a un’altra sorgente, quando vedono che chi innalza un pezzo di pane credendo veramente che lì c’è il corpo di Cristo, sono capaci di innamorarsi in poco tempo con una dolcezza e un abbandono grande.
Voglio rivolgere un appello a tutti i credenti impegnati, in particolare della pastorale giovanile e che fanno parte di Parrocchie, associazioni e cammini vari: ha ancora senso distinguerci come facciamo e magari accusare qualcuno o qualcosa per quello che non va, soprattutto in questo tempo e in una Diocesi così piccola? Non è che forse anche noi ci comportiamo come il mondo dove al primo posto viene evidenziato quello che divide e non quello che unisce? Il grido di sofferenza dei giovani ci inquieta veramente?
Sabato 26 ottobre la Parrocchia di Gradisca ha vissuto una bellissima esperienza di fede rivolta ai giovani. Pochi ragazzi provenienti dalla Parrocchia e da varie associazioni (Agesci, Azione Cattolica, Rinnovamento nello Spirito) collaborando tra loro hanno dato vita a un incontro dal titolo: “Il tuo profilo mi piace” . Il sacerdote Don Samuele della Diocesi di Fiesole, che Don Maurizio ha invitato, dopo l’annuncio dell’amore di Dio ha fatto loro vivere un esperienza personale di come ognuno di noi è bello e prezioso agli occhi dell’Altissimo, il tutto culminato in un intensa veglia di preghiera. Il giorno dopo in un Duomo stracolmo gli stessi giovani hanno animato la Santa Messa con segni, canti e testimonianze e alla fine la gioia era tanta soprattutto nei cuori di noi adulti perché abbiamo visto una Chiesa viva dove i carismi di ognuno collaborando riescono a mostrare una comunione vera.
E’ certamente poco rispetto all’immensità dei problemi che abbiamo davanti, ma come diceva Don Samuele che gli piace leggere un libro che si chiama Bibbia, se il chicco di grano che cade a terra non muore non può portare frutto.
Roberto De Martino