Una celebrazione davvero particolare quella di venerdì, la Messa dell’ammalato e dell’anziano, curata dal Centro volontari della sofferenza che si distingueva per il fazzolettone celeste al collo.
Una celebrazione anche di riconoscenza per la recente beatificazione del fondatore mons. Luigi Novarese, ma soprattutto un incontro familiare, lo ha reso possibile la bravura e dolcezza del celebrante don Sinuhe Marotta, parroco della Cattedrale di Gorizia e decano della città. Nella sua omelia don Sinuhe ha esordito dicendo che nella vita tutti noi siamo stati tante cose, amici, fratelli, spettatori e non solo di guerre su questo nostro confine. Oggi invece vediamo la nostra fragilità, la malattia e proviamo un senso di ingiustizia, in particolare quando il male colpisce i bambini, le persone innocenti. Isaia ci fa contemplare qualcuno che è stato colpito da tutto questo e dalla morte in modo ingiusto, era il Figlio di Dio. Vediamo questo nel crocefisso, vorremmo sentirci vicini anche a Lui. E lui attraverso la Parola, grazie alla fede, ci fa vedere qualcosa di più, ci fa cogliere qualcosa oltre…La fede ci aiuta a vedere anche nell’umiliazione di Cristo un fiume sotterraneo di grazia, che scorre come l’abbandono che Gesù ha fatto al Padre, “nelle tue mani affido il mio spirito”. Questo fiume, ha proseguito il celebrante, ha lavato via tutte le cose secche dell’umanità. Don Sinuhe ha concluso che davanti a Dio non conta se siamo sani o ammalati, giovani o vecchi, ma se ci abbandoniamo a Lui o no, se ci lasciamo portare da quel fiume che ha lavato il male dell’umanità. Chiediamo l’intercessione di Maria, la Vergine addolorata per dire come lei il nostro sì e per andare in fretta verso le situazioni sofferenti della storia e bisognose del nostro aiuto, della tenerezza di Dio.