Era il 1986 quando la parrocchia di Santo Spirito sulla Bruma veniva soppressa dopo 63 dalla sua istituzione (Vicariato dal 1766, Curazia dal 1912, Parrocchia nel 1923) ed inglobata nella parrocchia decanale dei Ss. Pietro e Paolo, in seguito denominata del Ss. Salvatore. La nuova parrocchia di San Valeriano (1965), sorta nel territorio brumarese, finì per indebolire proprio la sua diretta “madre”. Oggi, in tempo di unità pastorali, queste vicissitudini sembrano lontane, anche se solo il tempo dirà quali frutti porterà l’affievolirsi del senso di appartenenza parrocchiale a cui si assiste oggi.
Quella soppressione del 1986, non si trattò di un episodio isolato, in quanto già in passato ci fu un curioso tentativo di abolizione del Vicariato di Bruma, che trovò ferma opposizione da parte della popolazione.
Eravamo nel 1848, alla vigilia dell’erezione della nuova chiesa che avrebbe dovuto raccogliere l’eredità dell’antica cappella di Santo Spirito.
Origine del casus belli un dispaccio dell’I.R. Governo del 2 dicembre 1848 destinato alla Rappresentanza Comunale di Bruma. Si proponeva, in alternativa alla costruzione della nuova chiesa, l’acquisizione della chiesa dell’Addolorata - ormai orfana della secolare presenza dei Padri Serviti e in attesa di un restauro dopo la spoliazione napoleonica - come nuovo edificio di culto per Bruma. In alternativa l’incorporazione del Vicariato alla parrocchia di Gradisca.
Dopo una riunione, indetta per il 26 dicembre 1848, venne stilato un documento per l’Ordinario diocesano che è una testimonianza molto interessante delle dinamiche di quel tempo, firmato dal curato don Antonio Marizza, dai camerari e dalla Rappresentanza comunale.
“Alla prima proposizione concernente l’acquisto e l’adattamento della Chiesa dei fu’ PP. Serviti sita in Gradisca a chiesa parrocchiale per questo Comune non possono li sottoscritti applaudire; imperciocchè qual comune amerà di avere la propria chiesa curaziale nel pomerio d’un altro comune? In ogni curazia la chiesa curaziale è sita entro i confini della curazia stessa”.
Alla seconda proposizione si rispondeva descrivendo la reale situazione della Bruma:
“La comunità di Bruma è un cumulo di casali dispersi in un distretto di non indifferente estensione; ha una popolazione di 1266 persone, che ogni anno si aumenta – la metà della popolazione è più d’un quarto d’ora, e la quarta parte è più di mezz’ora dalla chiesa parrocchiale di Gradisca.
Gradisca è una vecchia fortezza, venendo chiuse le porte è disagevole il ricorso al curato nei casi premurosi. Dalle giornate di marzo a questa parte le porte della città di notte venivano chiuse.
Dall’ingegnere circolare è stato già dichiarato che la chiesa parrocchiale di Gradisca non ha la grandezza dalle vigenti normali volute per ambe le popolazioni unite - e che non si può ingrandirla - ”.
Il documento si soffermava, poi, ad analizzare la differente estrazione sociale dei fedeli gradiscani e brumaresi: “Le relazioni di questa popolazione sono differenti da quelle degli abitanti della Città di Gradisca - sono in questo Comune più di 1000 contadini – i loro figli sono pastori – circa 240 fanciulli frequentano la dottrina cristiana in Bruma - Le ore dell’istruzione e delle funzioni che sono comode agli abitanti di Città, non convengono ai campagniuoli, la semplice esposizione delle verità e massime evangeliche che deve farsi al rustico, annoja il cittadino et sicchè colla proposta unione non si promuoverebbe il bene spirituale d’ambe le popolazioni. Queste circostanze premesse – concludeva – anziché favorire la proposta abolizione ed incorporazione di questa Curazia alla Parrocchia di Gradisca, quando in Bruma non v’esistesse curazia di sorte, ne esigerebbero l’erezione”.
Anche il parroco-decano di Gradisca monsignor Giuseppe Vogrig non era entusiasta delle due proposte, in quanto in una lettera annota che “coll’acquisto della chiesa dei Serviti per tenervi le sacre funzioni nascerebbero molte, ed inevitabili inconvenienze, per essere la parrocchiale (il Duomo, n.d.r.) vicinissima”.
Inoltre lo stesso decano confermava che “la rappresentanza, ed il popolo di Bruma hanno risolto di fabbricarvi la nuova Chiesa, ed a questo fine si principiò già condurvi dei materiali. Iddio benedica l’opera”. I lavori per la nuova chiesa di Bruma sarebbero iniziati il 16 aprile 1849 e conclusi con la benedizione la terza domenica di ottobre del 1857. Per la solenne consacrazione del nuovo tempio si dovrà arrivare al 1901, con la presenza del cardinale Giacomo Missia, principe arcivescovo di Gorizia.
Spesso chi giunge dai borghi dice ancora di andare a “ciapà funsion a Gardis’cia”, intendendo così la cittadella cinta dalle mura: per uno scherzo della storia per poco la stessa parrocchiale di Bruma sarebbe finita nel cuore della fortezza.
Andrea Nicolausig