La «Croce di Lampedusa» accanto all'altare certo non figurava per la sua bellezza, infatti questa, fatta con i legni dei "barconi della morte" é segno della brutalità umana che riduce il fratello a merce, a carne da macello. A fianco dell'altare anche il Crocefisso, anch'esso segno di brutalità, ma anche di riscatto dei crocifissi della storia di ogni tempo, di salvezza redentiva operata da Dio per ogni uomo. Nella solennità di Cristo Re dell'Universo, altamente significativi questi accostamenti che non ci permettono di vedere la croce come qualcosa di decorativo, ma come il "centro della vita, dell'esistenza".
Ci aiutano alcune immagini suggestive del Servo di Dio don Tonino Bello.
Come i Corinzi anche noi, la croce, l’abbiamo «inquadrata» nella cornice della sapienza umana, e nel telaio della sublimità di parola. L’abbiamo attaccata con riverenza alle pareti di casa nostra, ma non ce la siamo piantata nel cuore. Pende dal nostro collo, ma non pende sulle nostre scelte. Le rivolgiamo in chini in chiesa, ma ci manteniamo agli antipodi del la sua logica. La croce l’abbiamo isolata: è un albero nobile che cresce su zolle recintate, nel centro storico delle nostre memorie religiose, all’interno della zona archeologica dei nostri sentimenti, Ma troppo lontano dalle strade a scorrimento veloce che battiamo ogni giorno.
Abbiamo bisogno di riconciliarci con la croce e di ritrovare, sulla carta stradale della nostra esistenza paganeggiante, lo svincolo giusto che porta ai piedi del condannato”!
Abbiamo bisogno di riconciliarci con la croce e, al contempo, di rimanere fedeli ad essa. Essere fedeli alla croce di Gesù Cristo significa anche vedere in essa lo strumento della salvezza ed intuire che la redenzione è vicina: sulla croce non si rimane per sempre. Su tutti i calvari personali, in tante nazioni dove i popoli soffrono, è possibile vedere, nonostante mille ambiguità, alcuni segnali della Pasqua, se solo il nostro sguardo si colloca dal punto di vista di Dio.
“Se è vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, ma deve anche schiodare tutti coloro che vi sono appesi, noi oggi siamo chiamati a un compito dalla portata storica senza precedenti:
«Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimanda re liberi gli oppressi» (Is 58,6).