La forma è sostanza ama ripetere qualcuno; e ne ha ben ragione, perché entrare, per esempio, in una casa curata ed accogliente, apre il cuore alla bontà e alla bellezza, al piacere di sostare e di sentirsi i benvenuti. Ed è proprio così, che la Casa della comunità, la tenda della riunione, di biblica memoria, il Duomo di Gradisca si è presentata agli occhi dei tantissimi fedeli che si sono ritrovati per celebrare l’Eucaristia, in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo, patroni della Città; festa che quest’anno ha assunto una connotazione particolarmente solenne. Le colorate composizioni floreali declinanti il rosso dei martiri, il banco damascato delle autorità con il Sindaco in testa, i partecipanti, composti e variegati per età e fisionomie, tutto contribuiva a far pensare ad un Padrone di casa speciale, a quel Dio d’Amore che, anche attraverso questi segni, che qualcuno potrebbe leggere come inutile esteriorità, (ma la sciatteria di certe celebrazioni non è forse peggiore?) accoglie i suoi figli, facendoli sentire attesi, personalmente conosciuti, invitati ad un banchetto preparato proprio per ciascuno di loro. E i due apostoli delle genti, le cui statue troneggiano ai lati del monumentale altar maggiore, sembravano guardare, con distaccato stupore, quel popolo di Dio che voleva esprimere la propria gratitudine per la loro testimonianza offerta fino a dare la vita per quel Maestro che, alla loro vita, aveva dato un senso e un sapore. Accanto al celebrante, il parroco don Maurizio Qualizza, due diaconi ministranti e ai lati numerosi diaconi rappresentanti tutta la comunità diaconale che si è fatta presente in altro modo a sottolineare la solennità celebrata, ma anche a testimoniare quanto variegato sia il popolo di Dio, nella molteplicità dei propri carismi. E i diaconi, all’interno della comunità ecclesiale, portano davvero un carisma speciale, che è quello del servizio ma anche compiti specifici legati alla liturgia, alla Parola, alla Carità. E’ pur vero che la figura del diacono non ha ancor una collocazione del tutto ben definita nel seno della Chiesa e che meriterebbe di essere chiarita a valorizzata, ma è altrettanto vero che il concilio Vaticano II che l’ha ripescata, dopo secoli di oblio, e ci vuole tempo per posizionarsi di fronte alla novità. Per non peccare di approssimazione ci richiamiamo a San Policarpo vescovo che ai primordi della Chiesa recitava:”Il diacono è l’occhio del vescovo, la bocca del vescovo, la mano del vescovo”; quasi a significare che il diacono, nella concretezza della sua vita laicale, intessuta di rapporti interpersonali nella società, nel lavoro e soprattutto nella famiglia, può cogliere istanze, occasioni di incontro, di dialogo, di testimonianza e di annuncio che gli possono permettere di fare di trait-d’union fra clero e laici, contribuendo a far sì che la Chiesa si riappropri della sua specifica missione che è quella di essere sacramento di salvezza per tutti. Papa Francesco, come ha ben sottolineato don Maurizio nella sua omelia, non tralascia mai di ricordare che il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo, è un Dio propositivo, il cui amore non costringe, ma libera, semmai indica i sentieri della vita perché ci vuole realizzati e felici. E che, nella Chiesa, nessuno è più importante dell’altro, nessuno è anonimo, (Dio ci porta tatuati sul palmo della sua mano n.d.r.) nessuno è secondario perché agli occhi di Dio siamo tutti eguali. Ancora facendo riferimento alle parole del Papa che ha parlato di un martirio della quotidianità, don Maurizio ha sottolineato che se entriamo nella logica del dare la vita per gli altri, possiamo riappropriarci del gusto di camminare da persone redente, libere dalle catene del vivere borghese e dal qualunquismo, che ci rubano la gioia del donare e del donarci e la bellezza di quel sentimento relegato chissà dove, che si chiama gratitudine.
E riferendosi appunto, al donare e all’esser grati, il parroco di Gradisca, a nome della Comunità tutta ha conferito il “Riconoscimento dei Santi Pietro e Paolo”, proprio ad un diacono, anzi al decano, per età, di tutti i diaconi dell’Arcidiocesi, Pietro Basile, familiarmente Piero. Il riconoscimento trova la sua motivazione nell’encomiabile servizio della carità e nella testimonianza che il diacono Piero ha dato, nel silenzio e nell’umiltà, alla comunità diaconale e a tutta la nostra Chiesa. Consegna della bella targa, applausi sentiti, commossi ringraziamenti da parte del festeggiato che ha voluto sottolineare come sia stato lo Spirito a dargli forza e la capacità di “essere” e di “agire” secondo i disegni del Signore, alla cui chiamata vocazionale, egli ha risposto con il suo generoso sì. Un grazie speciale a don Maurizio che, volendo evidenziare e riconoscere le doti umane e la disponibilità del diacono Piero, ha regalato, magari senza volerlo, un raro giorno di “gloria” a tutta la Comunità diaconale diocesana. E per tornare come chiosa, al detto “la forma è sostanza” i festeggiamenti sono proseguiti con una ricca agape fraterna sul sagrato del Duomo, preparata dalle solite “marte” che nel nascondimento, preparano questi momenti di “comunione altra”. Ma un grazie anche a tutti gli altri che il celebrante ha menzionato a fine celebrazione, a cominciare dagli scampanotadors che hanno riempito di note gioiose una serata mite che ha davvero riscaldato i cuori.
Alfreda Molli