Sembra proprio che la parola di Dio ci insegua, per aiutarci, in questi giorni in cui tutti parliamo, peniamo, ci interroghiamo sul fatto di Eluana, che prima di tutto è una persona e non come sembra esser diventata il solito "caso" da strumentalizzare per propri fini. Dicevo l’altra sera al mio gruppo di ragazzi della cresima che inondati come siamo da fiumi di parole, non dobbiamo scordarci "della Parola " che sola può impegnarci a maggior riflessione, amore alla vita, rispetto dell’altro, del mistero stesso di Dio iscritto nei nostri cuori. La pagina di Giobbe è dura, realista, non ci permette di vivere sulle nuvole, di fare poesia, di nasconderci i drammi esistenziali che ci sono.
E la notte, che non passa mai!
In compagnia di Giobbe, fatica!
E delle illusioni che beffeggiando sviano, regalando angoscia.
E le notti insonni piene di dolore!
E sul giaciglio veglia aspettando il giorno.
Che termini non vede l’ora e coprirsi d’oblio. (Padre Mimmo Castiglione).
Sembra proprio di sentire un familiare di un malato terminale, o in stato vegetativo, come oggi spesso sentiamo. Bastino queste parole: I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita (Giobbe 7,6-7). Eppure Giobbe riconosce nel suo stato di malattia un mistero che va oltre la fisicità e rimane fedele, non bestemmia, ma dirà "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!"(Gb 1, 21)
Il Signore si mostra sempre solidale con chi soffre, poiché il dolore del giusto coincide con il suo stesso dolore, e questo soprattutto nel mistero della morte di Cristo: egli nella croce si appropria di ogni nostra sofferenza condividendo il nostro dolore con il suo. Egli, e non la morte accaduta o data, si mostra vincitore sulla realtà del dolore e della malattia apportandovi il suo senso e il suo contributo di gloria. Ecco il senso della guarigione della suocera di Pietro.
Gesù in fondo guarisce dal virus del... "non amore" questa donna che rappresenta l’Umanità, la febbre (la storia sofferta di questi giorni sul caso Eluana)
è il segno esteriore che qualcosa non va in noi, in questa umanità che vuole staccarsi da Dio e sta già "vegetando". Appena "la febbre la lasciò"...dice il Vangelo "essa si mise a servirli", cioè ad amarli. È malata, o meglio siamo malati di egoismo, di non relazione verso gli altri... tanto che, continua il Vangelo, appena è rimossa la causa della febbre, "essa si mise a servirli", cioè ad amarli!
Per finire, San Paolo ai Corinzi ci dice: "guai a me se non annuncio il Vangelo!" Che il Signore ci conceda di non appiattirci sugli pseudo valori della nostra società, sulle sue contraddizioni esistenziali, ma ci faccia oggi e sempre annunciatori instancabili della sua Parola di Vita!
don Maurizio